Vittorio Emanuele III nel settembre 1910 voleva sostituire Luigi Luzzatti perché ebreo?
Vittorio Emanuele III di Savoia ascese al trono d’Italia nel 1900. Il suo regno fu molto lungo, fino a comprendere nel 1938 la promulgazione della legislazione antiebraica decisa dal governo fascista. In tale occasione, secondo quanto il sottosegretario all’Interno Guido Buffarini Guidi riferì a Benito Mussolini dopo un colloquio col re, questi non contestò la persecuzione antisemita in quanto tale e approvò il proposito governativo di un trattamento differenziato tra ebrei stranieri, ebrei italiani senza benemerenze, ebrei italiani con benemerenze (Sarfatti 1994, 36-37).
Il pensiero e le azioni di Vittorio Emanuele III verso gli ebrei e l’antisemitismo nel periodo precedente il 1938 non sono ancora stati oggetto di studio. Per quanto concerne atti pubblici quali le nomine di israeliti a ruoli e incarichi connessi a casa Savoia o al Regno, possiamo rilevare che nel 1925 insignì Ettore Modigliani dell’Ordine civile di Savoia (Monsagrati 2004, 140); che nominò oltre venti senatori ebrei o di origine ebraica, fino a Isaia Levi nel 1933 (Luzzatto Voghera, 2003; Senato.web/Levi); che nel 1927 concesse il titolo di barone ad Alessandro Artom (negli anni seguenti nobilitò altre due persone di parziali origini ebraiche) (Pellegrini 2014, 270); che nel 1921 affidò a Vittorio Polacco il ruolo di precettore giuridico del diciassettenne principe ereditario Umberto (Levi 1950, 137).
Assai più rilevante fu l’incarico di governo dato a Luigi Luzzatti, che fu presidente del consiglio dei ministri, nonché ministro dell’Interno, dal 31 marzo 1910 al 30 marzo 1911 (è interessante qui notare che l’incarico fu patrocinato da Giovanni Giolitti, il quale ne fu anche il diretto successore).
Proprio durante la presidenza Luzzatti, il 20 settembre 1910, il sindaco di Roma Ernesto Nathan pronunciò un acceso discorso a Porta Pia per il quarantennale della “breccia” che nel 1870 aveva determinato la fine dello Stato pontificio e l’unione di Roma al Regno d’Italia. Dopo aver preannunciato grandi manifestazioni per il successivo 27 marzo, giorno in cui nel 1861 il parlamento subalpino aveva proclamato Roma capitale del Paese, Nathan tracciò un parallelo tra la Roma che egli rappresentava e “un’altra Roma, prototipo del passato, […] fortilizio del dogma, [… impegnata a] eternare il regno dell’ignoranza, […] frammento di un sole spento” e sede della recente proclamazione dell’infallibilità papale: “Era l’inverso della rivelazione biblica del Figlio di Dio fattosi uomo in terra; era il figlio dell’uomo fattosi Dio in terra” (Nathan 1910, 5-7). Il discorso suscitò grandi echi; Alessandro Levi lo ricordò come il “fatto politico più clamoroso del sindacato Nathan”, durato dal 1907 al 1913 (Levi 2006 (1927), 225).
Pio X replicò al sindaco con una lettera al vicario di Roma, datata 22 settembre e pubblicata su “L’osservatore romano” del 24. Il papa deplorò l’attacco alla “Nostra stessa giurisdizione spirituale, arrivando impunemente a denunciare al pubblico disprezzo perfino gli atti del Nostro Apostolico ministero” e le “offese continue ed ognor maggiori alla Religione Cattolica, anche per parte di pubbliche autorità”, sollecitando le reazioni dei “fedeli tutti del mondo cattolico” (Pio X 1910).
Queste ultime pervennero per lo più dopo il 26 settembre (Nathan 1911; Sanfilippo 1990), ossia dopo il giorno che – come si dirà – interessa in questo articolo. Ma già il 21 settembre la stampa cattolica definì polemicamente “ebreo” Nathan: l’ufficiale “L’osservatore romano” pubblicò il discorso definendolo “rettorica sgrammaticata del Sindaco giudeo e framassone” (Osservatore 1910) (Nathan era stato gran maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1896 al 1903), e l’integrista e ufficioso “La correspondance de Rome”, del sottosegretario della Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari Umberto Benigni, ribadì più volte che l’oratore era “juif anglais” (con quattro menzioni, compreso il sottotitolo), “juif”, “émigré du ghetto britannique”, “juif franc-maçon” (Benigni(?) 1910; Vidotto 2013, 90).
Quanto a Luigi Luzzatti, egli era definito in quel periodo dalla stampa cattolica con termini similari, anche se meno rozzi: nel dicembre 1909 “La civiltà cattolica” lo qualificò “d’origine ebrea per famiglia” ed “estraneo alla nostra religione” (Civiltà 1909, 516, 529); nel corso della campagna elettorale del marzo di quell’anno, il periodico cattolico di Treviso “La vita del popolo” (Luzzatti si era candidato in quella zona), lo definì “ebreo”, con un programma “anticlericale e massonico” (Piazza 1998, 64).
L’ebraicità di Luzzatti e di Nathan costituisce una questione complessa (Berengo 1994; Cavaglion 1997; Caviglia 1998; Pavan 2011; Facchini 2016; Toscano 2013). Per quanto concerne il periodo che qui interessa, sappiamo che il primo nell’aprile 1909 aveva affermato, in una lettera a un direttore di quotidiano, di essere ormai uscito dalla “cerchia angusta della religione avita” e di essere “un deista impenitente” (Luzzatti 1909), e che il secondo non affermava in pubblico di essere ebreo, quasi certamente non era iscritto alla comunità israelitica, e professava quello che l’amico e imparentato Giorgio Levi Della Vida definì un “vago deismo” (Cavaglion 1997, 63-64; Caviglia 1998, 123; Levi Della Vida 1949, 194). Tuttavia essi erano legati all’ebraismo da una matrice e da un’appartenenza di carattere non religioso; ovvero anche nei loro specifici casi vale ciò che uno studioso ebreo annotò sulle famiglie di origine ebraiche di quell’epoca: “troppo orgogliose di sé per rinnegare il loro passato, anche quando non osservano più i riti antichi; sono legate tra loro da vincoli di parentela, di affinità, di amicizia, troppo saldi per non perdurare pur quando le nuove condizioni permettono e favoriscono il vivere in un più largo ambiente e il moltiplicarsi dei matrimoni misti; soprattutto hanno ereditato un patrimonio di tradizioni, di ideali, di regole morali, troppo ricco, perché chiunque l’abbia appreso fanciullo possa mai abbandonarlo del tutto” (Artom 1978, 142).
Ed entrambi erano stati considerati ebrei dalla stampa ebraica italiana, al momento delle rispettive ascese a sindaco della capitale nel novembre 1907 (Corriere 1907; Vessillo 1907; cfr. anche Settimana 1910b) e a presidente del consiglio nel 1910 (Settimana 1910a; Vessillo 1910). Anche se il periodico maggiormente impegnato nella costruzione di una nuova identità ebraica (e pubblicato in lingua italiana in una Trieste ancora asburgica) precisava che Nathan “non è un ebreo ortodosso, ma è un ebreo” (Corriere 1910a), ovvero faceva parte, con Luzzatti e altri, degli “Ebrei che stanno in alto” e non possedevano più “coscienza ebraica” (Corriere 1910b), nonché che le parole di Luzzatti del 1909 erano “figli[e] della critica evangelica, della paura giudaica e del razionalismo vecchio di molt’anni” (Corriere 1909; corsivo mio).
Dovendo in questa sede sintetizzare questi giudizi e appellativi, si può affermare che, di là di tutto, in quel periodo Nathan e Luzzatti erano considerati (più o meno) ebrei. E si può ricordare che negli anni Venti, dopo i loro decessi, altri ebrei italiani continuavano a definirli tali (Levi 2006 (1927), 221; Bedarida 1929, 18-19).
E’ alla luce di questa loro considerazione pubblica e del discorso del 20 settembre 1910 che va esaminato un documento che in realtà ad oggi “è non documentato”: una lettera di Giolitti alla moglie, spedita – sembrerebbe – il 26 o forse il 27 settembre 1910, ossia pochi giorni dopo il discorso di Nathan. La sua esistenza è stata affermata da Aldo A. Mola in varie occasioni, ma (per quanto sono riuscito a verificare) senza indicazione della collocazione archivistica e senza riproduzione fotografica, né trascrizione integrale. Fino a quando ciò non avverrà, ossia fino a quando la comunità degli storici non sarà messa in grado di esaminare il documento, la sua esistenza resterà dubbia.
Poiché però le affermazioni di Mola sono reali, è opportuno vedere il testo di due di esse:
A) “Il 26 settembre [1910] – come si affrettò a scrivere alla moglie – [Giovanni Giolitti] andò a cena dal re, a Racconigi. […] Si avvicinavano le feste del cinquantenario del regno. A celebrarlo con Vittorio Emanuele III e la regina Elena potevano essere Luigi Luzzatti e il sindaco di Roma Nathan? Se davvero se ne voleva fare – com’era nelle intenzioni – la festa dell’intera nazione, quell’abbinamento non era il più atto a evitare polemiche con l’altra riva del Tevere. […]. Ogni 20 settembre Nathan si concedeva discorsi sempre più polemici e persino sprezzanti nei confronti della Santa Sede e dello stesso pontefice. Raggiunse l’acme nel 1910. […] Quel sindaco sommato al pur pacioso Luzzatti rischiava dunque di riaprire una guerra di religione che in Italia nessuna persona sensata voleva, men che meno la comunità israelitica, perfettamente inserita nel corpo nazionale e in larga parte secolarizzata. Reso omaggio ufficiale in Racconigi al poco amato Nicola II, Nathan mostrò di avere senso dello stato, all’occorrenza. Bisognava pertanto sostituire ‘Gigione’ [Luzzatti]. Giacché era una sorta di ‘creatura’ sua, toccava a Giolitti provvedere” (Mola 2003, 322-323).
B) “[…] Giolitti fu indotto a riprendere la guida del Consiglio dei ministri. A sollecitarlo fu il re stesso in un incontro segreto nel castello di Racconigi, il 26 settembre 1910. L’unica traccia di quel colloquio, decisivo per la storia non solo italiana, fu una missiva di Giolitti alla moglie, vergata di fretta su carta del castello e impostata in busta bianca affinché nessuno potesse intercettarne il mittente. Nella celebrazione del cinquantenario il Regno d’Italia non poteva essere rappresentato da Ernesto Nathan, ex gran maestro massone eletto sindaco di Roma, e da un presidente del Consiglio a sua volta ebreo. […] Per sciogliere il nodo occorreva ricorrere alle regole democratiche in uso. Poiché non si poteva scalzare Nathan bisognava abbattere Luzzatti” (Mola 2005, 114-116).
Come si può notare, nessuno dei due brani di Mola contiene citazioni effettive della missiva in questione; inoltre essi presentano differenze anche di una certa importanza. Ma per il momento la loro analisi deve essere sospesa; ciò che occorre è semplicemente poter vedere e verificare se e cosa Giolitti scrisse alla moglie. Davvero Vittorio Emanuele III disse di non volere che il cinquantesimo dell’Unità nazionale fosse celebrato da due “ebrei”? La risposta risiede in un documento che ad oggi “non è documentato”.
Poi, certo, la comunità degli studiosi potrà e dovrà chiedersi se il re parlò con sincerità a Giolitti e se Giolitti riferì fedelmente il pensiero del re alla moglie.
E potrà e dovrà coordinare tutto ciò con gli eventi successivi e le ulteriori annotazioni dei protagonisti dell’epoca. Lo stesso Luzzatti vari anni dopo annotò di avere incontrato Nathan "poche ore" dopo l' "inopportuno discorso" e di avergli detto che non lo destituiva, per non trasformarlo in un "martire" (Luzzatti 1926, 623-624). Secondo una biografia di Luzzatti, questi, dopo il discorso del sindaco, fece sapere al papa che “Il Governo [è] impressionato e meravigliato. Gli esprime tutto il suo rammarico. Non si possono prendere provvedimenti ufficiali contro Nathan, ma il sindaco è stato richiamato al dovere e rimproverato acerbamente” (Luzzatti 1966, 426). Nel 1927 Alessandro Levi annotò: “Se il discorso del Sindaco non aveva, probabilmente, destato soverchie apprensioni nel Governo italiano, ho ragione di ritenere che il documento pontificio mettesse in allarme il Gabinetto, presieduto da Luigi Luzzatti. Il quale, se poté pensare a misure di rigore contro il Sindaco della Capitale (e non si poteva che destituirlo), non osò tuttavia mettere in esecuzione un provvedimento di tal genere, che avrebbe scatenato una tempesta nel paese, allora orientato a sinistra” (Levi 2006 (1927), 239). Sempre i biografi di Luzzatti riferiscono che il 21 ottobre 1910 il primo ministro aveva scritto al re una lettera, che iniziava con un’informazione che pare di poca importanza, ma pare sufficiente a motivare la missiva, e proseguiva con: “Quando avrò l’onore di conferire con la M.V. le chiederò la facoltà di intrattenerla sulle cose d’Italia, le quali vanno peggio che non paia agli osservatori superficiali. Indico qui i punti principalissimi dei nostri guai. La crisi morale si esacerba, facendosi sempre più acuto il contrasto tra l’anticlericalismo e il clericalismo; due stati d’animo, che traggono la loro origine dalla stessa deformità morale; l’intolleranza, l’incapacità di rispettare le opinioni e i sentimenti religiosi o irreligiosi degli altri. Io ebbi l’occasione di parlare di questi argomenti inquietanti con messaggeri diretti a me dal Pontefice e coll’antipapa Nathan; parlai anche con alti prelati forestieri, che si propongono di promuovere mozioni ai parlamenti esteri: dal tedesco, all’austriaco, al canadese, al belga e col mezzo dei deputati irlandesi, alla Camera dei Comuni ecc. ecc. e ne ho tratto tristi conclusioni. Il Santo Padre, che è buono, e italiano, per quanto la sua posizione lo consente, mi fece delle confidenze davvero penose! Intanto le petizioni dei cattolici al Governo per rimuovere Nathan salgono a migliaia e rappresentano da per tutto nuclei potenti organizzati per le future elezioni. Come temperare questi urti, come modificare queste tendenze? Io passo una parte del mio tempo a esplorare questo problema, che pare metafisico, ed è invece essenziale per la salvezza d’Italia. E dirò senz’alcun riguardo il mio pensiero al Senato rispondendo alla interpellanza Pelloux; ma spero di poterlo dire prima alla M.V.” (Luzzatti 1966, 430-431).
Quanto al cinquantenario, il 17 marzo 1911 il Parlamento celebrò il giorno della proclamazione del Regno d’Italia e Luzzatti pronunciò un breve discorso; il 20 marzo questi presentò le dimissioni da presidente del consiglio; il 27 marzo il re e Nathan celebrarono in Campidoglio la proclamazione di Roma capitale (secondo un giornale, Vittorio Emanuele III disse tra l’altro: “Con Roma capitale, l’Italia rappresenta la tranquilla convivenza della Chiesa con lo Stato” e Nathan non fece riferimenti al papa e al cattolicesimo) (Stampa 1911a); il 31 marzo Giolitti costituì il nuovo governo; il 4 giugno questi pronunciò il discorso ufficiale per l’inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II in piazza Venezia, a Roma (secondo un giornale, Giolitti non fece riferimenti a Pio X e alla Santa Sede, comunque lo scampanio di una chiesa vicina impedì ai convenuti di udire le sue parole) (Stampa 1911b).
Nota di aggiornamento. L'11 agosto 2017 ho aggiornato il testo con i dati del saggio pubblicato da Ilaria Pavan nel 2011. Il 22 dicembre 2017 ho inserito nel testo e in bibliografia il riferimento a una annotazione di Luzzatti sul suo incontro con Nathan subito dopo il discorso (ringrazio Luisa Levi D’Ancona per la segnalazione).
Artom 1978 – Eugenio Artom, Per una storia degli Ebrei nel Risorgimento, in «Rassegna storica toscana», a. XXIV, n. 1 (gennaio-giugno 1978), pp. 137-144.
Bedarida 1929 – Guido Bedarida, The Jews of Italy, “The reflex”, v. IV, n. 3 (march 1929), pp. 9-22.
Benigni(?) 1910 – Umberto Benigni (?), Documents et aperçus de la troisième Rome, “La correspondance de Rome”, 21 septembre 1910.
Berengo 1994 – Marino Berengo, Luigi Luzzatti e la tradizione ebraica, in Luigi Luzzatti e il suo tempo. Atti del convegno internazionale di studio (Venezia, 7-9 novembre 1991), Istituto veneto di scienze lettere ed arti, Venezia 1994, pp. 527-541.
Cavaglion 1997 – Alberto Cavaglion, Ernesto Nathan e l’ebraismo italiano del primo Novecento, “La critica sociologica”, n. 121 (primavera 1997), pp. 61-74.
Caviglia 1998 – Stefano Caviglia, Nathan e gli ebrei di Roma fra mutamenti politici e luoghi comuni, in Anna Maria Isastia (a cura di), Atti del convegno. Gran maestro della massoneria e sindaco di Roma: Ernesto Nathan. Il pensiero e la figura a 150 anni dalla nascita. Roma, 11-12 novembre 1995, Grande oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani, Roma 1998, pp. 119-125.
Civiltà 1909 – Libertà di coscienza e di scienza, “La civiltà cattolica”, n. 1427 (1 dicembre 1909), pp. 513-532.
Corriere 1907 – Il sindaco di Roma, “Il corriere israelitico”, a. XLVI, n. 8 (31 dicembre 1907), p. 249.
Corriere 1909 – D. L. [Dante Lattes], L’on. Luzzatti per le Leghe cattoliche e contro la religione ebraica, “Il corriere israelitico”, a. XLVII, n. 12 (30 aprile 1909), pp. 361-362.
Corriere 1910a – Un giovane ebreo, Alla finestra, “Il corriere israelitico” (formato folio), a. 49, n. 6, 15 ottobre 1910.
Corriere 1910b – Dante Lattes, [commento all’articolo Il discorso di Nathan e la protesta degli Ebrei Tedeschi], “Il corriere israelitico” (formato folio), a. 49, n. 7 (15 novembre 1910).
Facchini 2016 – Cristiana Facchini, Luigi Luzzatti and the oriental front: Jewish Agency and the politics of religious toleration, in Tullia Catalan, Marco Dogo (a cura di), The Jews and the nation-states of southeastern Europe from the 19th century to the Great Depression. Combining viewpoints on a controversial story, Cambridge Scholars Publishing, Newcastle upon Tyne 2016, pp. 227-245.
Levi 1950 – Alessandro Levi, Ricordo di Vittorio Polacco, “La rassegna mensile di Israel”, vol. XVI, n. 6-8 (giugno agosto 1950), pp. 130-139.
Levi 2006 (1927) – Alessandro Levi, Ricordi della vita e dei tempi di Ernesto Nathan, Maria Pacini Fazzi, Pisa 2006 (ed. or. tip. Ariani, Firenze 1927).
Levi Della Vida 1949 – Giorgio Levi Della Vida, Pio X, Ernesto Nathan e i ‘libri rossi’ di Loisy, “Ricerche religiose. Rivista di studi storico-religiosi fondata da Ernesto Buonaiuti”, v. XX, n. 1-4 (gennaio-dicembre 1949), pp. 192-196; poi in Id,, Aneddoti e svaghi arabi e non arabi, Ricciardi, Milano-Napoli 1959, pp. 342-346.
Luzzatti 1909 – Una lettera dell’on. Luigi Luzzatti, datata 13 aprile 1909, “Avanti!”, 15 aprile 1909; riportata con alcuni stralci e qualche errore in Corriere 1909, 361.
Luzzatti 1926 – Luigi Luzzatti, Dio nella libertà. Studi sulle relazioni tra lo Stato e le chiese, Zanichelli, Bologna 1926.
Luzzatti 1966 – Luigi Luzzatti, Memorie, v. 3° (1901-1927), a cura di Elena De Carli, Ferruccio De Carli, Alberto De’ Stefani, Istituto centrale delle banche popolari italiane, Milano, 1966.
Luzzatto Voghera, 2003 – Gadi Luzzatto Voghera, Per uno studio sulla presenza e attività di parlamentari ebrei in Italia e in Europa, “La rassegna mensile di Israel”, v. LXIX, n. 1 (gennaio-aprile 2003), pp. 73-92.
Mola 2003 – Aldo A. Mola, Giolitti. Lo statista della nuova Italia, Mondadori, Milano 2003.
Mola 2005 – Aldo A. Mola, Giovanni Giolitti. Fare gli italiani, Capricorno, Torino 2005.
Monsagrati 2004 – Giuseppe Monsagrati, Gli ‘amplessi di più splendida accoglienza’: Carlo Alberto, la politica delle onorificenze e l’Ordine civile di Savoia, in Marina Tesoro (a cura di), Monarchia, tradizione, identità nazionale. Germania, Giappone e Italia tra Ottocento e Novecento, Bruno Mondadori, Milano 2004, pp. 125-141.
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