Nuovi documenti sulla consegna ai tedeschi di rifugiati ebrei nel Kosovo italiano – marzo 1942
Dieci anni fa pubblicai su questa rivista un articolo documentario che ricostruiva come il 17 marzo 1942 le autorità militari italiane in Kosovo consegnarono alle autorità tedesche della Serbia 51 profughi ebrei, originari della Serbia stessa o di altre regioni dell’Europa centrale e orientale.1 Il Kosovo faceva parte del Regno di Jugoslavia e nel 1941 la sua maggior parte era stata annessa all’Albania, conquistata dall’Italia nel 1939; la Serbia era stata posta sotto occupazione militare tedesca. I profughi avevano passato il confine clandestinamente o con documenti falsificati. I 51 riconsegnati furono uccisi, probabilmente nel campo di Sajmiste; i nazisti conclusero lo sterminio (precocemente avviato) degli ebrei di Serbia già nel maggio 1942.
Quel mio articolo era basato su una documentazione sufficiente, ma pur sempre limitata. Recentemente ho potuto esaminare due ulteriori fascicoli archivistici sul tema, conservati in due serie dell’Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri, a Roma. La prima è stata aperta recentemente alla consultazione, e raccoglie carte sulla situazione e sul trattamento degli ebrei in ciascun Paese del mondo. La seconda era disponibile da tempo, ma la genericità dell’intitolazione del fascicolo (Situazione nel Kossovo) non mi aveva spinto a consultarlo per la mia ricerca; lo storico Giovanni Villari lo ha invece consultato per la sua ricerca generale sull’Albania sotto l’Italia, riscontrando che anche esso contiene carte sulla consegna dei 51 ebrei.2
Questa ulteriore documentazione, di cui do qui brevemente conto, non modifica le linee generali della mia precedente ricostruzione, ma aggiunge precisazioni sulla volontarietà della consegna italiana, sulla corresponsabilità delle autorità centrali, sulla conoscenza o meno del destino che attendeva gli ebrei consegnati.
Nel mio precedente articolo ho riferito che nel novembre 1941 i comandi militari italiani avevano scoperto un flusso di ebrei che entravano in Kosovo presentando falsi lasciapassare della Legazione d’Italia a Belgrado, e che nel gennaio 1942 i carabinieri italiani in Kosovo avevano ricevuto l’ordine di bloccare ulteriori ingressi e arrestare i già entrati. Si era anche iniziato a parlare di espulsioni, ma all’epoca si riteneva che le autorità tedesche stimolassero quelle fughe e comunque non gradissero rientri. In sostanza, ancora il 19 gennaio la comunità ebraica di Pristina, in una lettera scritta in un italiano non ben padroneggiato alla Delegazione per l’assistenza agli emigranti (Delasem) concernente i profughi, non andò oltre le parole: “il cattivo destino d’essi è stato sempre ed è indeciso e sono sempre così indecisi ed inquieti per l’avvenire”.3
I documenti del primo dei nuovi fascicoli reperiti confermano questa ricostruzione, attestando che la corrispondenza sul tema coinvolse anche il ministro degli Affari esteri Galeazzo Ciano e la massima autorità italiana a Tirana, il luogotenente generale del re Francesco Jacomoni di San Savino. Tutti erano al corrente di tutto, anche gli alleati: il 22 dicembre 1941 il rappresentante diplomatico italiano a Belgrado, Francesco Giorgio Mameli, comunicando al Ministero i dettagli dell’alterazione dei lasciapassare, aggiunse “provvedo comunicazioni del caso ad autorità germaniche”.4 Aggiungo che io ritengo che a quella data egli conoscesse o sospettasse il destino dei tanti ebrei serbi già arrestati, ma questa mia supposizione non è attestata dalle fonti sin qui consultate. Relativamente all’intero carteggio, va anche rilevato che nessuna delle missive si interrogava sull’origine di quelle fughe clandestine, che pur suscitavano così forti preoccupazioni.
Nel mio precedente articolo ho poi riferito che nel febbraio 1942 le autorità tedesche, modificando linea d’azione, avevano chiesto la consegna degli ebrei fuggiti, che il 28 febbraio la Presidenza del consiglio dei ministri albanese (fantoccio) aveva ordinato di effettuarla, che il tenente colonnello dei carabinieri Andrea De Leo lo aveva comunicato ai tedeschi della Serbia, che parallelamente l’Italia chiedeva a questi ultimi la consegna di influenti kosovari anti-italiani lì rifugiati, che De Leo aveva effettuato il 17 marzo una prima consegna di 51 profughi, in attesa degli sviluppi. Ho altresì ricostruito che in alcune lettere di marzo-aprile 1942 il Ministero dell’interno albanese (fantoccio) aveva vietato ulteriori consegne di ebrei (anche se il prefetto di Prizren il 10 aprile aveva riferito: “Col. De Leo comunica che ebrei giunti dopo la guerra saranno consegnati ai tedeschi”),5 che in effetti non furono più attuate.
Infine, stante l’assenza di un elenco delle 51 vittime, ho ricostruito 12 nomi sufficientemente certi e ulteriori 3 probabili.
I documenti del secondo dei nuovi fascicoli reperiti confermano questa ricostruzione, attestando anch’essi l’attenzione con cui le massime autorità italiane seguirono la questione delle reciproche consegne. Ad esempio il 9 marzo 1942 il ministro d’Italia a Belgrado Mameli scrisse al Ministero degli affari esteri: “D’altra parte pura e semplice consegna attuale ebrei [nel senso di tutti essi] preclude possibilità tentare ottenere consegna albanesi [i kosovari anti-italiani]”.6 Quello stesso giorno il diplomatico riferì a Roma che “su conforme decisione Luogotenente Tirana, Comando Superiore Albania [delle forze armate italiane] aveva già risposto affermativamente per consegna noti ebrei Pristina. Tale decisione è stata comunicata […] fin dal 24 febbraio u.s. al Comando Serbia [tedesco] che ha ringraziato”.7 E il giorno seguente il luogotenente scrisse al Ministero che era stato il suddetto Comando militare italiano a designare De Leo quale ufficiale di collegamento con la polizia e le forze armate tedesche “per questioni interessanti sicurezza zone frontiera”.8
Il 16 e il 17 marzo la Luogotenenza – ancora non aggiornata di quanto effettuato il 17 – informò il Ministero di avere più volte telegrafato a De Leo di “soprassedere qualsiasi consegna ebrei […] in attesa accordo con R. Legazione Belgrado”.9 E il 19 marzo il ministro Ciano, riferendo ciò alla Legazione a Belgrado, suggellò: “Consegna [degli ebrei] potrà essere disposta soltanto al momento e con le modalità che saranno indicate da codesta R. Legazione in relazione anche all’esito delle trattative che si svolgono costì per il rientro in Italia dei noti fuorusciti albanesi”.10 Come risulta anche da queste parole, i profughi ebrei erano considerati unicamente come oggetti di scambio per un baratto utile al Regno di Albania, ossia al Regno d’Italia, e al regime fascista. Le parole “esito delle trattative” si riferiscono al fatto che l’Italia aveva in mente due diverse soluzioni per il rientro dei fuorusciti: quella preferita era un accordo diretto con loro, probabilmente con l’assegnazione di cariche e ruoli, l’altra contemplava la loro espulsione da parte dei tedeschi in cambio della consegna degli ebrei.
Il 31 marzo 1942 il luogotenente Jacomoni inviò al Ministero una complessa informativa. Essa riportava che il 18 De Leo aveva riferito: “Consegna avvenuta noto contingente ebrei, 51, non pregiudica successive trattative, avendone ancora mia disposizione Kossovo altri 100, oltre a quelli che saranno stati arrestati vecchia Albania”; proseguiva riferendo: “Ebrei concentrati Kossovo a mezzo Delegazione qui [a Tirana] inviata hanno scongiurato che sia evitata la loro consegna alle autorità tedesche, dichiarandosi pronti ad accettare qualsiasi altra sorte che venisse loro riservata”; ribadiva infine che “consegna rimanente gruppo ebrei dovrebbe rimanere sospesa”, in attesa dell’evoluzione della trattativa sui kosovari fuorusciti.11
La notizia che una delegazione di profughi si era recata a Tirana (non viene precisato se prima o dopo il 17 marzo) costituisce una completa novità, rispetto a quanto avevo potuto ricostruire nel precedente articolo. Peraltro essa è certificata proprio dalla massima autorità italiana in loco. Il colloquio è un fatto di grande rilevanza. Io immagino che i profughi fossero accompagnati da rappresentanti della comunità ebraica di Pristina, nonché, visto lo sviluppo successivo, da autorità locali kosovare. Lo immagino, ma nel brano sopra riportato non ve ne è attestazione. Esso contiene solo una breve sintesi di quanto detto dai profughi; ed il fatto che Tirana scelse di comunicarlo a Roma indica – sempre a mio parere – che quell’incontro ebbe una qualche pubblicità e non poteva essere taciuto. Sempre per via di ciò, il senso delle loro parole poté essere depotenziato, ma non invertito o falsato: le parole “hanno scongiurato” e “qualsiasi altra sorte” indicano quale fosse la non nominata “sorte” temuta.
Il 6 aprile il Ministero degli affari esteri inoltrò quest’ultima lettera al ministro italiano a Belgrado, aggiungendo la seguente frase: “Si confermano istruzioni precedentemente comunicate. Qualora trattative con noti fuorusciti non dovessero avere prossimamente risultati positivi, questo Ministero è d’avviso che converrà investire questione autorità politiche germaniche affinché sia richiesta consegna fuorusciti in corrispettivo ebrei arrestati”. La parola nel testo era proprio “corrispettivo”. La firma era di Ciano; la cui impronta è attestata anche dalle parole “è d’avviso”.12 L’inoltro doveva essere stato preceduto da una lettura completa della missiva di Jacomoni, compreso il brano sulla “altra sorte”; con la frase aggiunta, il ministro degli Affari esteri avvisava il rappresentante a Belgrado di non tenerne conto. Lo storico non può (per ora) attestare quali informazioni dirette gli italiani di Belgrado, di Tirana e di Roma possedessero sulla Shoah in via di conclusione in Serbia; ora però sappiamo che gli ebrei fuggiaschi dalla Serbia cercarono di farglielo capire.
Come già detto, proprio in quei giorni il governo fantoccio albanese sospese ulteriori consegne; gli altri ebrei stranieri arrestati furono trasferiti e internati nella ‘vecchia’ Albania.
Questo è il contenuto degli ulteriori fascicoli, che mi è sembrato doveroso riferire ai lettori del mio precedente articolo, e ringrazio “La rassegna mensile di Israel” per avere accolto la proposta inusuale di un articolo parziale.
Aggiungo che recentemente una parente del tenente colonnello, qui sopra più volte menzionato, ha scritto un libro biografico su lui e in particolare sul suo servizio nei Balcani. Il volume non contiene elementi storiografici sulla sua attività di consegna degli ebrei; contiene in appendice alcuni documenti in riproduzione fotografica.13
Da ultimo debbo aggiornare l’elenco delle persone identificate, nel gruppo dei 51 ebrei consegnati. Nel precedente articolo avevo segnalato 12 nomi certi e 3 probabili. Lo storico Milovan Pisarri mi ha segnalato un documento che conferma questi ultimi 3 nomi e aggiunge quello di Djordje Klein.14 Ad oggi quindi il totale degli identificati è 16.
Note:
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Michele Sarfatti, Tra uccisione e protezione. I rifugiati ebrei in Kosovo nel marzo 1942 e le autorità tedesche, italiane e albanesi, in “La rassegna mensile di Israel”, v. LXXVII, n. 3 (settembre-dicembre 2010), pp. 223-242. ↩︎
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Giovanni Villari, L’Italia in Albania 1939-1943, Novalogos, Aprilia 2020, pp. 259-262. ↩︎
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Vedasi Michele Sarfatti, Tra uccisione e protezione, p. 230. ↩︎
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Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri, Roma (d’ora in poi ASMAE), Direzione generale affari generali, Ufficio IV, S.E. 27-869, b. 1, fasc. Albania, Legazione italiana a Belgrado a Ministero affari esteri, 22 dicembre 1941, “riservatissimo”. ↩︎
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Vedasi Michele Sarfatti, Tra uccisione e protezione, p. 238. ↩︎
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ASMAE, Gabinetto Albania 1938-1945, b. 125, fasc. Situazione nel Kossovo, Legazione italiana a Belgrado a Ministero affari esteri, 9 marzo 1942, n. 133. ↩︎
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Idem, Legazione italiana a Belgrado a Ministero affari esteri, 9 marzo 1942, n. 136. ↩︎
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Idem, Luogotenenza generale italiana a Tirana a Ministero affari esteri, 10 marzo 1942. ↩︎
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Idem, Luogotenenza generale italiana a Tirana a Ministero affari esteri, 17 marzo 1942; Luogotenenza generale italiana a Tirana a Ministero affari esteri, 16 marzo 1942. ↩︎
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Idem, Ministero affari esteri a Legazione italiana a Belgrado, 19 marzo 1942. ↩︎
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Idem, Luogotenenza generale italiana a Tirana a Ministero affari esteri, 31 marzo 1942. ↩︎
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Idem, Ministero affari esteri a Legazione italiana a Belgrado, 6 aprile 1942. ↩︎
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Maria Teresa De Leo, Un carabiniere del re. Origini e vicende del Colonnello Andrea De Leo e della sua Castelluccio, Youcanprint, Lecce 2020. ↩︎
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Archivio di Jugoslavia, fondo 110 Commissione per l’accertamento dei crimini degli occupanti e dei collaborazionisti, b. 593, doc. 175, testimonianza di Olga Timotijevic; ringrazio Milovan Pisarri per la segnalazione. ↩︎