I giusti, gli ingiusti e l’onore italiano
Il “giorno della memoria” è un giorno di riflessione. Riflessione che può concernere sia le vittime, sia gli altri, ossia gli assassini effettivi, gli ingiusti, i non coinvolti o non coinvoltisi, i giusti. Già, parliamo un po’ di giusti e di ingiusti, contemporaneamente. E per prima cosa soffermiamoci proprio su questa contemporaneità. Perché l’attestazione della loro compresenza e coesistenza costituisce una vera e propria cartina di tornasole per valutare se vi è o no onestà, senso della giustizia e amore per la patria in chi questi giorni ci parlerà del comportamento degli italiani non ebrei di fronte alla Shoah. Chi utilizzerà concetti quali “il popolo italiano non era antisemita”, “il popolo italiano non collaborò agli arresti”, “il popolo italiano collaborò agli arresti senza sospettare la loro finalità”, “il popolo italiano si prodigò nell’assistenza”, sarà infatti disonesto, antitaliano e soprattutto privo di senso della giustizia, perché, parificando gli ingiusti ai giusti, avrà annientato i grandi meriti di questi ultimi, ne avrà offeso il ricordo esemplare, ne avrà violentata la memoria proprio nel giorno ad essa dedicata.
La verità è che, nei duri mesi della fascistissima Repubblica Sociale Italiana, la popolazione non ebrea adottò i comportamenti più diversi. Vi furono ad esempio numerosi dipendenti comunali che predisposero preziose carte d’identità false per gli ebrei clandestini, ma vi furono anche (a Firenze) loro colleghi i quali facilitarono l’arresto di ebrei che, braccati ma affamati, venivano a rinnovare la carta annonaria. I primi furono giusti, i secondi ingiusti; tutti facevano parte del popolo italiano e non possono esserne espulsi.
Quella divisione rispecchiò largamente le grandi divisioni di carattere politico e culturale del paese, ma con notevoli eccezioni. Quella forse maggiormente simbolica ebbe per protagonista l’esponente fascista di un piccolo centro piemontese, che aiutò il fondatore del partito comunista Umberto Terracini, ebreo, a sfuggire i mortali arresti nazisti del Lago Maggiore nel settembre 1943 e a trovare rifugio in Svizzera. Già, vari giusti appartenevano al mondo della Chiesa cattolica, dalla secolare predicazione antigiudaica, o a quello fascista, dall’ormai feroce odio antiebraico. Molti giovani amici e alcuni anziani ideologizzati se ne dichiarano stupiti. Il fatto è che proprio il soccorritore appartenente a quegli ambienti aveva maggiori possibilità di agire, e di farlo con ampiezza e successo. Ad esempio, il giusto Perlasca poté salvare le vite di migliaia di ebrei in Ungheria perché possedeva una benemerenza spagnola motivata dal suo essere stato volontario in Spagna con Franco. Questo suo passato non diminuisce in alcun modo il suo merito: migliaia di ebrei sono scampati alla morte grazie a lui! Ma questo suo passato permette di comprendere perché la sua azione poté esplicarsi e raggiungere (fortunatamente) tali dimensioni. Gli italiani che andarono volontari in Spagna per combattere contro Franco e l’asse italo-tedesco, nel 1944 non avrebbero potuto nemmeno circolare per Budapest (peraltro non va dimenticato che essi furono gli organizzatori-istruttori delle prime bande partigiane nell’autunno 1943).
Nel “Giorno della memoria” i giusti e gli ingiusti sono tutti non ebrei, mentre gli ebrei sembrano perdere qualsiasi qualità. In realtà anche fra gli ebrei vi sono stati e continuano ad esservi i giusti e gli ingiusti, ma la Shoah consistendo nello sterminio assoluto di tutti i “giudei”, giusti o ingiusti che fossero, è logico che rispetto ad essa i perseguitati siano tutti uguali, vittime e niente più. D’altronde qualsiasi razzismo, per il solo fatto di essere enunciato, colpisce il diritto degli altri ad essere diversificati.
Quante sono le iniziative di questi giorni dedicate ai giusti? Spero tante. Spero altresì che esse siano rispettose della verità, della giustizia storica. Non vi è bisogno né di inventare nuovi giusti né di trasformare il ‘proprio’ giusto in Zorro o Nembo Kid. Chi ha bisogno di miti e/o di beati, può cortesemente rivolgere la propria furia antistorica altrove. Desta impressione il bassissimo tasso di verifica storiografica degli episodi di soccorso attribuiti ad alcuni di essi. Se si parla di molte vite salvate, ma vi è certezza solo per una, meglio riconoscergli quest’ultima e basta; se al soccorso hanno collaborato più persone, occorre menzionarle tutte: i giusti necessitano che le proprie storie siano cementate nella ricostruzione meticolosa del passato. Senza di ciò, si esce dal terreno della verità e si entra in quello dell’approssimazione. E talora da questo si sconfina in altri campi, strumentali a disegni che nulla hanno più a che fare con l’onore per i giusti: nel recente filmato su Palatucci, realizzato dalla Rai con l’apporto della Polizia di Stato (di oggi), si trasforma lo stesso Palatucci in un negazionista, facendogli pronunciare (circa al quarto d’ora del secondo tempo) la balla spaziale che proprio nella Polizia di Mussolini c’era molta resistenza all’antisemitismo.
Anche agli ingiusti occorre rendere giustizia storica. In questi ultimi tempi si è manifestata una tendenza limatrice (e un po’ limacciosa) che pretende di modificare il loro passato, trasformando la loro aspra lotta repubblichina in una sorta di bravata sconsiderata. Ebbene, ciò non è giusto nei loro confronti. La reduce da Auschwitz immatricolata n. A24029 ha scritto di aver chiesto a un milite fascista cosa stesse facendo accanto al tedesco che la stava arrestando e di essersi sentita rispondere: “Qui non ci sono che due vie, quella dell’onore e quella del disonore. Io ho scelto la via dell’onore”. Ecco, i repubblichini non erano ragazzi (di Salò) un po’ sopra le righe, erano uomini e donne che ritenevano onorevole e giusto detestare gli ebrei, arrestarli, consegnarli ai tedeschi impegnati nella soluzione finale. Insomma la suddetta tendenza, che spinge talora gli stessi repubblichini a sottacere quei loro sentimenti e comportamenti, è senz’altro ingiusta. Persone come Mirko Tremaglia potrebbero osservare che, alla loro età, l’odio antiebraico costituiva un elemento dell’istruzione scolastica e non una libera scelta. Ciò è vero e sembra esauriente. Ma allora perché altri ragazzi italiani scelsero la via dell’onore verso gli ebrei? E perché oggi dovremmo dire “questi e quelli” per noi pari sono? Non è meglio dire “viva i giusti” e “abbasso gli ingiusti”? E non è meglio dire “bene” ai repubblichini che si sono effettivamente pentiti del proprio passato e “male” ai repubblichini che ne sono rimasti fieri o che ne negano la criminalità?