La Storia della persecuzione antiebraica di Renzo De Felice: contesto, dimensione cronologica e fonti
I prodromi
Quando nel novembre 1961 l’editore Einaudi fece uscire nelle librerie la Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo di Renzo De Felice (1929–1996),1 la Wiener Library di Londra e, unitamente, lo Yad Washem Martyrs’ and Heroes’ Memorial Authority di Gerusalemme e lo YIVO Institute for Jewish Research di New York avevano appena pubblicato (rispettivamente all’inizio e alla fine del 1960) due repertori bibliografici della persecuzione antiebraica in Europa, curati rispettivamente da Ilse R. Wolff e da Philip Friedman e Jacob Robinson.2 Da essi (e particolarmente dal secondo, più ampio) risulta che i contributi storiografici concernenti la vicenda continentale dello sterminio degli ebrei e il ruolo in essa avuto dalla Germania nazista, erano sostanzialmente due: Bréviaire de la haine - Il nazismo e lo sterminio degli ebrei di Leon Poliakov (edito nel 1951 in Francia e tradotto nel 1955 da Einaudi)3 e The Final Solution - La soluzione finale di Gerald Reitlinger (pubblicato in inglese nel 1953 e in italiano, dal Saggiatore, nel febbraio 1962, ossia tre mesi dopo la Storia di De Felice).4 Si noti che i repertori non potevano comprendere The Destruction of the European Jews di Raul Hilberg, stampato nel 1961 con una prefazione datata 25 ottobre 1960.5
Le ricostruzioni di ambito nazionale erano anch’esse assai poche, e — almeno quelle che sono stato in grado di compulsare — non sempre qualificabili come contributi propriamente storiografici; ad esempio, l’opera In Memoriam di Michael Molho (pubblicata nel 1948–1949 a Salonicco),6 si caratterizzava come una notevole cronaca storica della persecuzione in Grecia, ma non ancora come uno studio prettamente scientifico. Grazie ai processi contro i crimini nazisti, molti documenti tedeschi erano ‘usciti’ dagli archivi e pervenuti agli storici, i quali ne avevano pubblicato vere e proprie raccolte (come Henry Monneray nel 1947 e 1949),7 o li avevano ampiamente utilizzati per i propri saggi (come Poliakov e Reitlinger); ma, appunto, si trattava per lo più di documenti prodotti da autorità ed enti tedeschi, ai quali talora si affiancavano quantitativi minori di documenti ad essi inviati da autorità di altri Stati (tra le poche eccezioni, vi erano i documenti dell’ufficio francese che gestì la persecuzione, resi noti da Joseph Billig nel 1955–1960).8
Per quanto concerne il capitolo italiano della persecuzione, alla fine del 1960 non erano disponibili vere e proprie narrazioni storiografiche. Già nell’immediato dopoguerra erano stati pubblicati numerosi diari, concernenti la vita nella penisola o la deportazione, come i volumi di Maria Eisenstein (1944), Alberto Cavaliere (1945), Silvia Lombroso (1945), Frida Misul (1946), Luciano Morpurgo (1946), Luciana Nissim (1946), Giuliana Tedeschi (1946), Alba Valech Capozzi (1946), Primo Levi (1947) e Liana Millu (1947).9 Contemporaneamente erano state pubblicate alcune prime cronache, di diversa ampiezza e natura, tra le quali si possono ricordare i volumi di Giacomo Debenedetti (1945), Giancarlo Ottani (1945) ed Eucardio Momigliano (1945, poi 1946).10 Fuori d’Italia, Cecil Roth si era soffermato sulla persecuzione nell’ultimo capitolo del suo The History of the Jews of Italy (1946),11 valendosi anche di indicazioni di Gino Luzzatto;12 mentre Massimo Adolfo Vitale, presidente del Comitato ricerche deportati ebrei, aveva presentato una comunicazione sulla persecuzione in Italia al convegno internazionale di Parigi del 1947 (gli atti furono pubblicati nel 1949).13 La comunicazione di Vitale era la sintesi di un testo mai pubblicato;14 di esso o di indicazioni dirette di Vitale si avvalsero negli anni seguenti Antonio Spinosa,15 Salvatore Jona,16 De Felice17 e i redattori dell’edizione italiana di Reitlinger.18 Relativamente all’operato del governo fascista fuori della penisola, va menzionata la cronaca storica della persecuzione antiebraica a Rodi di Hizkia M. Franco (1952).19 Ma la storiografia non aveva ancora preso il via. Antonio Spinosa aveva iniziato a pubblicare nel 1952–1953 su “Il ponte” una ricerca ben documentata su Le persecuzioni razziali in Italia;20 ma, nonostante fosse stata sollecitata dalla stessa rivista e fosse sostenuta dall’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane,21 l’iniziativa si interruppe bruscamente dopo la quarta puntata (dedicata all’illustrazione delle leggi antiebraiche del 1938).22
Quanto alla divulgazione sommaria o alla pubblicazione di documenti italiani, essa nel primo quindicennio postbellico fu limitata a due opere provenienti dal ministero degli Esteri e ai lavori di Leon Poliakok e Jacques Sabille, tutti peraltro proponenti degli insiemi documentari decontestualizzati rispetto all’insieme della politica antiebraica italiana e talora completamente destoricizzati. Già nell’autunno 1944 (ossia a Roma appena liberata e a guerra ancora in corso), un dirigente del ministero degli Affari Esteri del regno d’Italia pubblicò, firmandosi Verax (anni dopo fu identificato pubblicamente in Roberto Ducci), un articolo riassumente vari documenti di quel ministero degli anni 1942–43 su Italiani ed ebrei in Jugoslavia.23 Tra la primavera e l’autunno del 1946, il ministero stampò una Relazione a diffusione riservata, composta da una rassegna documentaria e un’appendice documentaria, sull’“opera” da esso svolta per la “tutela” degli ebrei negli anni 1938–1943.24 I documenti riassunti nel testo erano conservati dallo stesso ministero degli Esteri; quelli riportati (in traduzione francese) in appendice provenivano dalle carte della sede parigina della Gestapo, acquisite dal Centre de documentation juive contemporaine (d’ora in poi Cdjc) di Parigi. Tutti i documenti dell’appendice (salvo un testo e la parte finale di un altro),25 assieme a molti analoghi e in una diversa traduzione francese, vennero pubblicati, nell’ottobre di quello stesso 1946, nella raccolta documentaria commentata di Leon Poliakov, La condition des Juifs en France sous l’occupation italienne, edita dal Cdjc.26 Nel 1951 Jacques Sabille pubblicò sulla rivista di quell’Istituto due brevi studi similari sulla “attitude des Italiens” verso gli ebrei della Croazia e della Grecia,27 basati anche sull’articolo di Verax e su documenti messi a disposizione dal ministero della Difesa italiano. Successivamente, i lavori di Poliakov e Sabille, dopo essere stati l’uno leggermente rivisto nel testo e nei documenti, e il secondo sensibilmente modificato, vennero pubblicati in unico volume in yiddish (1952), inglese (1955) e italiano: Gli ebrei sotto l’occupazione italiana (1956).28
All’inizio degli anni Sessanta, ebbero luogo alcune iniziative di diversa natura e diverso spessore, tali da suggerire di individuare in questo periodo la vera nascita della storiografia della persecuzione degli ebrei in Italia.29 Nel 1960 venne pubblicato il quarto numero dell’annale di Yad Washem, la cui prima parte era intitolata On the Jewish Question in Fascist Italy e conteneva lo studio di Meir Michaelis sugli ebrei nel primo quindicennio dell’Italia fascista (tradotto in italiano nel 1961),30 e quello di Daniel Carpi sull’atteggiamento della Santa Sede verso gli ebrei negli anni di Pio XI.31 La pubblicazione delle due ricerche (la cui elaborazione aveva ovviamente avuto inizio negli anni precedenti) costituì un segno di grande interesse per la vicenda italiana da parte dell’istituto storico israeliano.
In quello stesso 1960, l’Unione delle comunità israelitiche italiane (d’ora in poi Ucii), realizzando un obiettivo che perseguiva fin dalla Liberazione,32 assegnò al giovane storico Renzo De Felice l’incarico, retribuito, di documentare in un libro la storia della persecuzione antiebraica nella penisola. A seguito di quella che Massimo Adolfo Vitale definiva “la mia proposta”,33 il 7 aprile 1960 il presidente dell’Ucii Sergio Piperno informò gli altri consiglieri di aver “già parlato in linea generale col Dott. De Felice, che sarebbe disposto ad accettare subito l’incarico”;34 il 21 aprile Piperno invitò lo storico a “senz’altro iniziare il lavoro preparatorio”;35 il 25 aprile il Consiglio dell’Ucii deliberò l’incarico;36 a fine mese Renzo De Felice e Sergio Piperno firmarono il relativo contratto.37 La delibera e il contratto menzionavano la collaborazione di Vitale e assicuravano la messa a disposizione del materiale conservato dal Centro di documentazione ebraica contemporanea Cdec (d’ora in poi Cdec), oltreché di quello dell’Ucii. Nel contratto, il volume era denominato Storia delle Persecuzioni nazi-fasciste contro gli Ebrei in Italia 1938/1945 ed era definito di “carattere divulgativo”; il dattiloscritto doveva aggirarsi sulle “500/550 pagine … a doppia spaziatura” ed essere consegnato all’Ucii entro il 31 marzo 1961.
Nel novembre 1960 De Felice raggiunse un’intesa con l’editore Giulio Einaudi,38 che, immediatamente estesa all’Ucii, portò alla stipula il 16 gennaio 1961 di un nuovo contratto tra autore, editore ed ente ebraico.39 Il volume sarebbe stato pubblicato da Einaudi, al quale il dattiloscritto sarebbe dovuto pervenire entro il 31 maggio 1961; esso era ora provvisoriamente intitolato Ebrei durante il periodo fascista. Il 3 novembre di quell’anno, quando ormai il volume era in stampa, De Felice e Einaudi concordarono (e convinsero l’Ucii) di modificarne il titolo in _Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo_40 (il titolo precedente continuò a vivere nel cartellino contenente l’indicazione del prezzo).
Nel frattempo, sempre nella riunione di Consiglio del 25 aprile 1960, l’Ucii aveva approvato il trasferimento da Venezia a Milano del Cdec,41 l’istituto creato nel 1955 dalla Federazione giovanile ebraica d’Italia (d’ora in poi Fgei) e sino ad allora animato da Roberto Bassi.42 Col trasferimento, effettuato nell’estate 1960, gli subentrò Guido Valabrega. Il nuovo segretario del Cdec, mentre continuò a prestare a De Felice tutta l’assistenza prevista nel contratto editoriale tra questi e l’Ucii, in autunno avviò la preparazione di una raccolta di brevi saggi e documenti sulle persecuzione antiebraica in Italia, edita nell’aprile 1961 col titolo Gli Ebrei in Italia durante il fascismo.43 Il volume ospitava contributi di Gino Luzzatto sulla condizione sociale degli ebrei nel ventennio, di Amos Luzzatto sull’organizzazione comunitaria ebraica dell’epoca, di Guido Valabrega sulla rivista ebraica fascista “La nostra bandiera”, di Israel Kalk sul campo per ebrei stranieri di Ferramonti, alcune cronache e diari della persecuzione, e — per la prima volta dal 1945 — i testi delle principali leggi fasciste antiebraiche.44 Sempre a fine 1960, la Fgei e il Cdec iniziarono a preparare un convegno storico sul tema — il primo in Italia —, intitolato Gli Ebrei durante il fascismo, da tenersi a Torino il 23–24 aprile 1961.45 Il programma prevedeva le relazioni introduttive di Renzo De Felice su L’atteggiamento della Chiesa Cattolica in Italia di fronte al problema ebraico e di Salvatore Jona sulla storia degli ebrei nel periodo fascista;46 nessuno dei due però prese parte al convegno: secondo una cronaca giornalistica dell’epoca, gli organizzatori “comunicarono” l’assenza del primo e “giustificarono” quella del secondo (che era indisposto e inviò egualmente il testo scritto del proprio intervento).47 Vi furono inoltre interventi di Carlo Leopoldo Ottino su Enzo Sereni,48 di Sandro Sarti sulla rivista evangelica “Gioventù cristiana”,49 di Guido Lodovico Luzzatto sulla partecipazione ebraica all’antifascismo50 e di Guido Valabrega sulla rivista degli ebrei fascisti da lui descritta nel volume.51
Riguardo ai titoli delle iniziative di De Felice e Valabrega (rispettivamente “durante il periodo fascista” e “durante il fascismo”), non è noto chi avesse scelto per primo l’utilizzo di “durante”, né se la sostituzione einaudiana con “sotto” avesse motivazioni di ordine concorrenziale o di natura storico-morale.
Le azioni di ricostruzione storiografica di De Felice e Valabrega, nonostante le loro numerose connessioni, costituirono realizzazioni distinte della forte esigenza di conoscenza e divulgazione dell’ebraismo italiano istituzionale e giovanile, esigenza sviluppatasi in notevole sincronia con le autonome scelte dell’istituto storico di Gerusalemme. I fratelli delle vittime volevano sapere e far sapere.52 È in questo quadro che va collocata la genesi del volume di De Felice.
La sua Storia si caratterizzò per ampiezza cronologica e spessore documentario. A questi due aspetti sono dedicate le considerazioni seguenti.
L’opera
La Storia degli ebrei di De Felice impegna — nell’edizione del 1961 qui esaminata — oltre 700 pagine. Il testo vero e proprio, escluse le prefazioni e le appendici documentaria e fotografica, occupa 546 pagine, ripartite esattamente al 50% in una prima parte dedicata alla situazione iniziale e al primo quindicennio del fascismo, e in una seconda parte dedicata agli anni 1938–1945, ossia — come titolano i capitoli — alla “preparazione dei provvedimenti antisemiti” nel 1938, alla “persecuzione fascista” e allo “sterminio nazista”. Quest’ultimo, comprendente ovviamente anche la Repubblica sociale italiana, impegna 51 pagine, ovvero meno del 10% del totale del testo. La strutturazione quantitativa di una narrazione storica dipende in parte da motivi secondari o anche casuali, ma in parte è frutto di ragionamenti e scelte dell’autore, che meritano di essere a loro volta indagati ed esaminati.
Relativamente all’ampio spazio assegnato da De Felice al pre-1938, possiamo in primo luogo rilevare che tale impostazione non sembra caratterizzare molti dei volumi pubblicati fino al 1960 e di cui danno conto i repertori di Wolff e di Friedman e Robinson. In particolare, i due studi generali di Poliakov e Reitlinger iniziavano, l’uno praticamente e l’altro anche nominalmente, con l’aggravamento della persecuzione da parte dei nazisti nel 1938. Senza qui addentrarsi nelle motivazioni probabili o ipotetiche di questi e degli altri autori, resta il fatto che il volume di De Felice, dedicando il cinquanta per cento della narrazione al periodo precedente la legislazione antiebraica (un quindicennio), si distaccava fortemente dal panorama coevo. Identica osservazione va fatta per il capitolo iniziale di presentazione demografica e sociopolitica dei protagonisti-vittime, gli ebrei: anch’esso — di là della mancata comprensione di De Felice della natura razzistica e non religiosa dei dati demografici del 1938 — costituì una decisa novità (anch’essa positiva) rispetto al quadro storiografico dell’epoca.
Questa strutturazione del volume non era stata sollecitata dal committente. I riferimenti contenuti nella delibera del Consiglio Ucii del 25 aprile 1960 e il titolo del volume contenuto nel contratto indicavano esplicitamente solo gli anni delle leggi antiebraiche e della deportazione; e lo stesso Sommario degli argomenti da svolgere per la storia delle persecuzioni nazi-fasciste contro gli ebrei in Italia 1937/1945, ovvero l’indice del volume progettato da Vitale e approvato dall’Ucii nel 1956, pur iniziando dal 1922 e prevedendo un “cenno storico” dal Risorgimento al fascismo, era in larghissima parte dedicato agli anni 1938–1945.53
L’ampio spazio dedicato al periodo precedente il 1938 costituì quindi un apporto specifico di De Felice al progetto. Agendo in tal modo, egli pensava e operava in parallelo a Michaelis, che in quel 1960 pubblicò a Gerusalemme la “prima parte” della propria ricerca, ossia la ricostruzione degli anni 1922–1938. Non essendo però documentati scambi o contatti tra i due studiosi (tra l’altro Michaelis non ha utilizzato per quel saggio documenti di archivi italiani), il progetto di De Felice sembra proprio avere preso forma autonomamente da quello precedente di Michaelis. In conclusione, la dimensione quantitativa della prima parte della Storia degli ebrei di De Felice costitu? una sua scelta, ed era evidentemente funzionale alla sua necessità/volontà di capire e illustrare i caratteri specifici dell’esperienza fascista italiana in campo antiebraico; necessità/volontà che evidentemente accomunava chi si accingeva ad affrontare scientificamente il capitolo italiano dell’antisemitismo europeo. Si pu? presumere che questo approccio rispondesse (come risponde tuttora) a due evidenze storiografiche: Mussolini aveva indicato la via della moderna dittatura fascista a Hitler, Hitler aveva indicato la via del moderno antisemitismo statale a Mussolini.
Anche la limitatezza dello spazio dedicato da De Felice al periodo dello sterminio degli ebrei della penisola sembra essere conseguenza diretta di sue considerazioni storiografiche. Tuttavia, mentre la scelta concernente il 1922–1938 esige un apprezzamento positivo, quella relativa al 1943–1945 stimola una valutazione di segno opposto. Perchélo storico, quando svolge — come in questo caso — la funzione di ricostruttore per il vasto pubblico, deve sviluppare una narrazione in qualche modo correlata alla gravità delle vicende indagate. In una recensione tra le più critiche dell’opera di De Felice, Daniel Carpi da Israele afferma:
It is difficult not to feel surprised at the very limited space accorded to the period of the Holocaust, both quantitatively — less than thirty pages in a book of several hundred — and, in particular, with regard to the author’s evaluation of its importance in the contemporary history of Italian Jewry.54
La relativa esiguità narrativa del 1943–1945 appare essere il riflesso quantitativo della sua convinzione che la deportazione degli ebrei italiani fuoriusciva in parte dall’ambito tematico delineato dal titolo del volume: Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo (nella costola era abbreviato in Gli ebrei italiani sotto il fascismo). Mentre nel surricordato Sommario di Vitale si parlava di “persecuzioni nazi-fasciste”, De Felice apre questa sezione della narrazione con le parole “La politica antisemita della RSI fu determinata di fatto […] dai tedeschi” (p. 502), i quali, relativamente all’antisemitismo, agivano “direttamente o attraverso il loro uomo di fiducia, Giovanni Preziosi” (p. 502); mentre a suo parere “l’intenzione di Mussolini e dei ‘moderati’ era senza dubbio di concentrare sino alla fine della guerra tutti gli ebrei […] e di rinviare la soluzione della questione a guerra finita” (p. 503; notare la formula “soluzione della questione”), “cercando di evitare la loro deportazione fuori d’Italia” (p. 509). Ai fanatici defeliciani va ricordato che il ruolo assegnato da De Felice a Preziosi è clamorosamente erroneo; mentre ai fanatici antidefeliciani va ricordato che lo storico affiancava a queste parole alcuni giudizi durissimi sulla collaborazione e sulla complicità con lo sterminio nazista da parte delle “autorità centrali fasciste”, di alcune “autorità periferiche, civili e militari”, e di singoli cittadini (pp. 518–522). Ma non è questo che qui interessa; ciò che si vuole evidenziare è come egli, incasellando l’operato fascista sotto la categoria di collaborazione e non sotto quella di azione, e negando una reale radicalizzazione antisemita in Mussolini e nel fascismo repubblicano, ne abbia dedotto la minore importanza (storiografica, e quindi anche quantitativa, per quanto riguarda la struttura del libro) del periodo 1943–1945 rispetto a quello 1938–1945 e a quello 1922–1938. Insomma, secondo il nostro autore, quei venti mesi dello sterminio non facevano più pienamente o solamente parte della storia del fascismo antiebraico, o perlomeno non facevano parte della storia del fascismo antiebraico da indagare e comprendere. Per questo, pervenuto all’8 settembre 1943, De Felice si comporta come un ciclista giunto in prossimità del traguardo, e imprime una decisa accelerazione alla narrazione.
Di là dalle osservazioni sin qui fatte relativamente alle sezioni del volume sul 1922–1938 e sul 1943–1945, va rilevato che questo suo rapportare l’attenzione storiografica non al variare della persecuzione subita dagli ebrei, bensì al variare (vero o presunto) dell’autonomia del fascismo, contrasta col titolo del volume, centrato comunque sugli ebrei, ma alla fine risulta del tutto coerente con l’unico concetto da lui ribadito con frequenza nella brevissima Introduzione al libro, tutta imperniata sullo stato degli “studi di storia del fascismo” (p. XXXIII), sulla necessità di indagare “cosa fu veramente il fascismo” (p. XXXIV), sul proprio volume presentato come “primo approfondimento parziale della storia del fascismo per singoli aspetti” (p. XXXV), sulla centralità del tema “rapporti fascismo-ebrei” (p. XXXVI). Insomma per De Felice il motivo primo di interesse sembra essere il fascismo, ovvero la storia politica d’Italia, ossia il tema che lo avvincerà nei decenni seguenti.
Questo approccio trova in qualche modo riscontro in due specifici passaggi del libro, che mettono in evidenza una qualche incompletezza nella sua strumentazione di analisi delle altre due grandi tematiche oggetto del libro: la storia ebraica e la storia dell’estremo antiebraismo novecentesco. Il primo passaggio concerne il comportamento dell’Unione delle comunità israelitiche italiane di fronte alle leggi del settembre-novembre 1938: De Felice scrive che i dirigenti dell’Unione “ritenevano che la miglior difesa fosse la completa acquiescenza alla volontà governativa” (p. 379) e che l’ente rappresentativo ebraico “si ridusse quasi completamente a seguire il precipitare degli avvenimenti”, esprimendo limitatissime proteste e redigendo “di tanto in tanto mozioni ed ordini del giorno di fedelt? all’Italia e al regime” (p. 380). Beh, queste osservazioni critiche potrebbero essere appropriate qualora fossero rivolte a un movimento politico di opposizione (in fase di disarmo); invece il gruppo ebraico era un insieme di persone diverso da un partito, essendo composto da anziani, adulti e lattanti, da fascisti, afascisti e antifascisti, da stranieri già fuggiaschi e italiani decisi a non espatriare: i suoi dirigenti non potevano né preparare bottiglie incendiare né stampare volantini antigovernativi, non potevano ribellarsi alla propria persecuzione — per di più varata da una dittatura — senza rischiare un aggravamento della stessa a danno dell’intera popolazione ebraica. Fu forse una semplice analisi della situazione a rendere necessariamente acquiescenti degli uomini che non erano capitani e non avevano un esercito; o forse fu il riemergere nella loro memoria collettiva di esperienze similari, ripetutesi qua e là negli ultimi venti secoli, e tornate improvvisamente a caratterizzare la condizione ebraica in Europa, nonostante la rivoluzione francese, lo stato liberale e il progresso. Peraltro, questo approccio di De Felice è direttamente connesso, come osservò Corrado Vivanti, all’aver posto al centro della narrazione, non la vita della minoranza ebraica, ma gli esponenti della vita amministrativa ebraica e soprattutto i rapporti di questi con le autorità fasciste, un po’ “come in una storia diplomatica di tipo tradizionale”.55
Il secondo passaggio concerne la politica antiebraica nazista. Descrivendo le intenzioni e la normativa fasciste del 1938–1939, De Felice afferma che il regime si cacciò ben presto in una sorta di “vicolo cieco”, dal quale cercò di uscire “allontanando tutti gli ebrei dal territorio nazionale” (p. 395, anche p. 409), e definisce questo proposito una “soluzione finale all’italiana” (p. 408, anche p. 409). Beh, fino all’autunno 1941, compreso quindi il periodo nel quale l’Italia fascista incubò ma al dunque non varò una legge di espulsione degli ebrei italiani, l’allontanamento generalizzato costituiva la soluzione finale anche della Germania nazista. In quell’autunno essa venne concretizzata nello sterminio; ma fino ad allora, e a partire dal 1933 tedesco, dal 1938 romeno, austriaco, ungherese, polacco e italiano, dal 1939 slovacco, eccetera, la soluzione di gran lunga preferita e praticata era l’emigrazione, indotta o forzata. Si trattò quindi — per quegli anni — non di una soluzione “alla tedesca” o “alla nazista”, bensì di una soluzione “all’europea”, condivisa e programmata. Essa non poté essere realizzata perché gli ebrei accettavano a fatica di essere rigettati dai propri paesi, perché troppi governi allontanavano troppi ebrei contemporaneamente, perché la nuova guerra mondiale da un lato provocò la chiusura progressiva dei confini e dall’altro palesò la possibilità di una soluzione sanguinosa. Ora, pur se questa situazione continentale non era ancora del tutto chiara storiograficamente nel 1960–1961, la forza della locuzione scelta dal giovane De Felice e l’assenza in lui di ogni accorgimento dubitativo sembrano sottolineare una certa sua distanza dalla conoscenza del processo persecutorio continentale.
L’esame della strutturazione quantitativa ci permette quindi di tentare di addentrarci nelle premesse e nelle scelte compiute da De Felice scrivendo la sua Storia. Emerge così un’opera caratterizzata da approcci nettamente innovativi, anche sul piano internazionale, e limitazioni fortemente svianti. Si tratta in effetti di caratteristiche tutt’altro che rare nelle opere pionieristiche, che proprio per ciò meritano — specialmente da parte degli altri storici — valutazioni laiche, prive di idolatrie positive o negative.
Le fonti
L’apparato di note della Storia degli ebrei dà conto di un insieme di fonti diversificato e notevolmente ampio: documenti archivistici, stampa periodica coeva, ebraica e non, pubblicazioni postbelliche, testimonianze e informazioni raccolte direttamente, ecc. Sono anche questa notevole base documentaria e il suo continuo alternarsi, oltre che il metodo dell’autore e l’estensione del volume, che differenziano l’opera di De Felice sia dalle ricostruzioni precedenti, sia dalla grande maggioranza delle narrazioni, anche storiografiche, all’epoca pubblicate all’estero.
Particolarmente pregiate sono le numerose citazioni di articoli dei più svariati quotidiani e periodici italiani non ebraici. Dati i tempi di lavorazione del volume — e senza ovviamente nulla togliere all’impegno dello storico — sembra di dover desumere che egli si sia largamente basato sulle raccolte di ritagli conservate dall’Ucii o da altri enti ebraici o singoli ebrei. Del resto, il primo punto del contratto firmato da De Felice e Piperno stabiliva:
L’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane mette a Sua disposizione il materiale documentario del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea e quanto altro, sull’argomento di cui si tratta, sia nelle Sue [=dell’Ucii] mani. Ella provvederà a ricercare […] altre varie fonti. Le eventuali spese relative a tali ricerche, saranno a carico dell’Unione.56
(Si può qui rilevare che l’Unione riteneva più interessante la documentazione raccolta dal Cdec nel suo primo lustro di vita, mentre lo storico utilizzò largamente anche le carte prodotte o raccolte dall’Ucii stessa durante il fascismo)
Questa base documentaria, costituita dagli enti ebraici italiani, e la sua piena disponibilità, furono di enorme ausilio per il lavoro dello storico. Ve ne sono scarse tracce scritte, ma già nell’aprile 1960 chiese a Vitale che il Cdec di Bassi gli inviasse la collezione del quindicinale antisemita “La difesa della razza”,57 e nel dicembre seguente chiese a Valabrega il microfilm del periodico ebraico fascista “La nostra bandiera”;58 peraltro, al momento stesso della firma del contratto Vitale annotava: “io già gli ho dato materiale bibliografico mio personale (una trentita [sic] di volumi vari — edizioni del Centre [Cdjc] di Parigi — ecc. ecc.)”.59 Se si considera solo il fatto che Valabrega aveva appositamente ottenuto il microfilm da Israele, è facile immaginare quanto più lunga (o, chissà, quanto meno fruttuosa) sarebbe stata una ricerca autonoma di queste fonti da parte di De Felice. Dietro al suo libro c’è quindi innanzitutto il suo lavoro, ma anche un impagabile supporto ebraico.
L’Unione quindi gli aprì il proprio archivio documentario, mentre non è ancora noto se si adoperò direttamente presso i due principali archivi pubblici consultati dallo storico: l’Archivio centrale dello Stato (d’ora in poi Acs) e l’Archivio storico del ministero degli Affari esteri. Potremmo ritenere che già il solo avvallo dell’Ucii abbia contribuito a una risposta positiva dei due enti, ma il fatto che proprio in quell’epoca sia stata concessa un’altra autorizzazione a consultare le carte della persecuzione antiebraica conservate dall’Acs60 potrebbe invece significare che quelle serie documentarie erano ormai aperte a tutti i richiedenti.
Per quanto concerne l’Acs, De Felice esaminò varie serie della Presidenza del consiglio dei ministri (prima e dopo il 1943), del ministero dell’Interno, del ministero della Cultura popolare, della Segreteria particolare del duce (prima e dopo il 1943), del Partito nazionale fascista, vari fondi personali, ecc..61 Egli fu sicuramente il primo studioso a consultare la serie dei Provvedimenti legislativi della Presidenza del consiglio per gli anni 1930–1931 e 1938–1939, nonché, per il ministero dell’Interno, la serie organica della Direzione generale per la demografia e la razza (Demorazza) e le carte sugli internati ebrei della Direzione generale della pubblica sicurezza.62
Lo studioso che si trova a ragionare sulle fonti utilizzate per la prima volta da un altro studioso deve tenere ben presente le particolarità del lavoro di questi: già l’opera di reperimento costituisce un vero impegno, talora sfiancante, inoltre qualsiasi “pioniere” corre maggiori rischi di errare, i conservatori degli archivi possono indirizzare verso piste erronee o incomplete, ecc. Peraltro, questo ragionare non può essere evitato, pena la destoricizzazione della storiografia precedente, e in particolare pena l’annullamento offensivo della qualificazione di “storico” dell’altro studioso.
Relativamente alle fonti della Storia degli ebrei, le annotazioni che paiono più interessanti per la discussione sono quelle concernenti le pubblicazioni postbelliche e i documenti dell’Acs. Quanto alle prime, sembra di poter affermare che il “materiale bibliografico” datogli da Vitale comprendesse i volumi di Poliakov, Monneray e Billig da me menzionati all’inizio di queste pagine, mentre, o esso non comprendeva i testi in inglese di Roth e Reitlinger e quelli dell’area greca di Molho e Franco, o De Felice decise di non utilizzarli e quindi di non citarli. Ciò, assieme alla generale assenza di riferimenti ad altri autori stranieri, segnala una certa limitazione nazionale dell’approccio dell’autore, limitazione forse inevitabile data la novità del tema. A proposito di Roth, e passando per un momento dai giudizi di De Felice ai giudizi su De Felice, va osservato che se è vero che furono lui e — pochi mesi prima — Michaelis ad avvisare nel 1961 i lettori italiani che le leggi antiebraiche fasciste erano state adottate da Mussolini a seguito di una decisione autonoma e non per imposizione hitleriana, è anche vero che gli studiosi di lingua inglese lo avevano già appreso nel 1946 da Cecil Roth:
[Con l'Asse] It now became part of the official policy of the Italian government to align itself ideologically with Nazi Germany, even on matters on which there had previously been profound disagreement.63
Per quanto concerne gli altri libri da me menzionati all’inizio di questo saggio, nella Storia degli ebrei sono citate le memorie a stampa di Eisenstein, Lombroso, Morpurgo e Nissim, ma non quelle di Cavaliere, Misul, Tedeschi, Valech Capozzi, Levi e Millu; viene invece fatto riferimento a tutte le cronache e ricostruzioni di italiani, a iniziare da quelle di Debenedetti, Ottani, Momigliano e Spinosa. Di là da eventuali motivazioni specifiche, ciò contribuisce a indicare un limitato (rispetto ai canoni odierni) interesse di De Felice per le testimonianze.
Nell’Introduzione al volume, l’autore avvertiva che la biografia mussoliniana di Giorgio Pini e Duilio Susmel “una biografia non è, ma è solo una buona cronaca, e […], nonostante una patina di imparzialità, è sostanzialmente fascista” (p. XXXIV). Ma Leo Valiani gli contestò anche questa valutazione di “buona cronaca”, così come la qualifica di “fonte indubbiamente bene informata” (p. 287) assegnata alla cronistoria di Attilio Tamaro, essendo invece quei libri, precisava il recensore, “assai superficiali, e pieni d’errori”.64 La contestazione di Valiani era collegata in particolare ai silenzi e alle negazioni che egli riscontrava nel dittatore proprio relativamente a temi ebraici: “Mussolini, per quanto gli convenisse parlarne il meno possibile, o anche affermare il contrario, …”. In effetti De Felice — di là dal suo netto giudizio su quegli autori — sembra recepire (parzialmente), non tanto la loro impostazione ‘pettegolesca’ o le loro singole affermazioni, quanto piuttosto la loro silente eliminazione di omertà, ambiguità e reticenze dalla storia in generale e da quel capitolo in particolare. In questo senso, sembra di poter parlare di una non completezza del distacco dell’autore da questo tipo di fonti diaristiche. La non connessione di questo atteggiamento con la caratterizzazione politica di quegli autori è dimostrata anche dal fatto che esso concerne anche le fonti ebraiche. Ad esempio, riferendo delle reazioni di “entusiasmo” alla conquista dell’Etiopia e della conseguente collaborazione ebraico-governativa per l’integrazione nell’ebraismo italiano e nel sistema imperiale italiano degli ebrei etiopici (pp. 225–227), lo storico non mostra di porsi interrogativi sulle motivazioni e sulle caratterizzazioni dell’entusiasmo ebraico: esso apparteneva ai dirigenti amministrativi e religiosi o all’intero gruppo? Era totalmente spontaneo o voleva apparire tale per contrastare un certo qual incupimento dell’atmosfera, testimoniato dai nuovi articoli antisemiti di inizio e agosto–settembre 1936 (pp. 240–243)? Un lavoro pionieristico comporta innanzitutto l’ordinamento di materiali documentari “intonsi”, al quale succede (spesso in modo aggrovigliato) un impegno interpretativo, che tanto più si approssimerà alla realtà, quanto più si manterrà autonomo dal materiale utilizzato. È su questo piano che si collocano le incompletezze e le sviste della Storia degli ebrei.
Quanto alla documentazione consultata presso l’Acs, occorre innanzitutto notare che un giudizio vero e proprio va rimandato al momento in cui disporremo di notizie accurate di cosa era effettivamente aperto agli studiosi e di quali orientamenti di ricerca gli vennero eventualmente dati dai responsabili dell’archivio. E però vi è una questione specifica sulla quale occorre quantomeno iniziare a riflettere. Mi riferisco alla sua sottovalutazione delle carte della pubblica sicurezza rispetto a quelle della Demorazza. In effetti, nel 1938–1943, dopo l’intervento ‘progettuale’ della seconda, fu la prima a gestire l’ordinariet? della persecuzione. Ciò tuttavia emerge tutt’altro che chiaramente dalle carte residue della Demorazza rimasteci, essendo probabilmente documentata nelle carte principali della stessa e in quelle del Gabinetto del ministero dell’Interno, oggi ancora non recuperate. Si tratta di un’acquisizione storiografica recente, basata anche sull’esame analitico del volume di De Felice, quindi in un certo senso frutto o comunque conseguenza del suo lavoro. Ma, poiché lo storico è tale solo se si pone interrogativi, occorre chiedersi se potrebbe essere accaduto che, essendo all’epoca l’amministrazione archivistica soggetta al ministero dell’Interno, ed essendo questo la continuazione del precedente ministero, non sia stata prodotta un’atmosfera che induceva a scartare d’acchito la sola possibilità che la polizia nazionale si fosse in qualunque modo sporcata le mani con l’antisemitismo.65 Può essere cioè che, in perfetta buona fede, gli interlocutori di De Felice lo abbiano indirizzato solo verso le carte dell’articolazione ministeriale indubitabilmente colpevole. Certo, può anche non essere. E però, per passare al periodo 1943–1945, se De Felice fosse incappato in qualche serie archivistica contenente l’esecuzione italiana dell’ordine di arresto generalizzato dell’italiana Repubblica sociale (o se avesse discusso alcuni dei documenti da lui visionati), non avrebbe potuto scrivere “le autorità periferiche [italiane], civili e militari, regolari e soprattutto [perché?] autonome, […] parteciparono su vasta scala alla caccia all’ebreo, pur sapendo che essa andava ben oltre le leggi e le istruzioni del governo repubblicano” (p. 519, corsivo mio).66
Tornando agli aspetti generali dell’uso delle fonti, varie tracce segnalano l’attenzione con cui in molti casi lo storico lesse il materiale raccolto. Ad esempio, l’unica occasione nella quale egli si trovò a citare il testo di Poliakov (sugli ebrei nei territori francesi occupati) dalla prima edizione francese,67 e non dalla successiva edizione italiana68 (p. 464), riguardava un passo che questi aveva effettivamente modificato (e che nella prima edizione suonava più favorevole alle autorità fasciste).
La ricerca e l’analisi delle fonti venne compiuta da De Felice in un arco di tempo assai contenuto. L’inizio del suo impegno effettivo nella Storia degli ebrei non precedette di molto la data del contratto con l’Ucii, dato che il 7 aprile 1960 Piperno scrisse agli altri consiglieri:
Ho già parlato in linea generale col Dott. De Felice, che sarebbe disposto ad accettare subito l’incarico.69
e il 21 aprile gli comunicò:
Per quanto la riunione di Consiglio sia fissata per il 25 p. v., Ella può senz’altro iniziare il lavoro preparatorio.70
Anche se la consultazione dell’Acs non poté iniziare prima di settembre,71 in quello stesso mese lo storico fece sapere a Piperno che sostanzialmente confermava la data di consegna, stabilita dal contratto al 31 marzo:
La stesura del volume sino a tutto il 25 luglio 1943 è preventivata per il febbraio 1961; […] la redazione complessiva del volume potrebbe aver termine per la prossima primavera.72
Il nuovo contratto con Einaudi spostò la data di consegna al 31 maggio; De Felice la rispettò, inviando a Torino il dattiloscritto definitivo il 6 giugno 1961.73 La Storia degli ebrei venne quindi elaborata e redatta in poco più di tredici mesi. Ogni studioso lavora con ritmi e metodi propri, difficilmente giudicabili dall’esterno; ma poiché la lettura di questo libro lascia una certa qual impressione di incompleto intreccio dei temi e delle fonti, come se la ricostruzione e la narrazione procedessero senza (quasi) mai voltarsi indietro, viene da chiedersi se non avrebbe giovato un impegno temporale meglio adeguato alla novità del tema e al cospicuo ammontare delle fonti, un impegno più lungo di quell’anno e due-tre settimane.
Note
-
Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo [con: Delio Cantimori, Prefazione; R.D.F., Introduzione; inserto con 37 fotografie; appendice con 37 documenti], Einaudi, Torino 1961 [novembre], XL+697 p.; 2ª ed., [nelle prime pagine è scritto: “seconda edizione” e “1962”, in ultima pagina è scritto, in modo erroneo o fuorviante: “ristampa identica alla precedente” e “finito di stampare il 23 dicembre 1961”] [il volume è identico alla prima edizione in tutto, salvo la modifica — che si ripercuote sulle pagine 410–412 — concernente una sentenza assolutoria di Leopoldo Piccardi], Einaudi, Torino 1962, XL+697 p.; 3ª ed. “riveduta e ampliata” [con: Delio Cantimori, Prefazione; R.D.F., Introduzione (alla 1ª ed.); R.D.F., Nota alla terza edizione; appendice con 40 documenti (aggiunti i n. 15, 21, 40); senza inserto fotografico], Einaudi, Torino 1972, XXXVII+628 p.; 4ª ed. [ulteriormente] “riveduta e ampliata” [senza Delio Cantimori, Prefazione; con: R.D.F., (nuova) Introduzione, datata dicembre 1987; appendice di 41 documenti (aggiunto il n. 32)], Einaudi, Torino 1988, XXI+647 p.; [5ª ed.] “nuova edizione ampliata” [in realtà identica alla 4ª, con l’unica aggiunta di: R.D.F., Introduzione alla nuova edizione tascabile, datata marzo 1993], Einaudi, Torino 1993, XXXV+647 p.; trad. inglese: The Jews in Fascist Italy. A History, [traduzione completa della 5ª ed., con inoltre: Michael A. Ledeen, Preface; l’inserto fotografico della 1ª ed. con ulteriori 19 fotografie], Enigma books, New York 2001, XLIV+777 p. ↩︎
-
Ilse R. Wolff, Persecution and Resistance under the Nazis, The Wiener Library, London 1960; poi ripubblicato come Part I in Ilse R. Wolff, Helen Kehr,_ Persecution and Resistance under the Nazis_, edizione aggiornata, The Institute of Contemporary History, London 1978; Philip Friedman, Jacob Robinson, Guide to Jewish History under Nazi Impact, Yad Washem Martyrs’ and Heroes’ Memorial Authority e YIVO Institute for Jewish Research, New York 1960; poi: Ktav, New York 1973. ↩︎
-
Leon Poliakov, Bréviaire de la haine. Le IIIe Reich et les Juifs, Calmann Lévy, Paris 1951; trad. italiana: Il nazismo e lo sterminio degli ebrei, Einaudi, Torino 1955. ↩︎
-
Gerald Reitlinger, The Final Solution. The Attemp to Exterminate the Jews of Europe 1939–1945, Vallentine and Mitchell e The Beechhurst Press, Londra e New York 1953; trad. italiana: La soluzione finale. Il tentativo di sterminio degli Ebrei d’Europa 1939–1945, Saggiatore, Milano 1962 [febbraio]. ↩︎
-
Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, Quadrangle Books, Chicago 1961. ↩︎
-
Michael Molho (a cura di), In Memoriam. Hommage aux victimes juives des nazis en Grèce, Nicolaides, Salonicco 1948 (vol. I) e 1949 (vol. II), Buenos Aires 1953 (vol. III); 2ª ed. “revue et augmentée” a cura di Joseph Nehama, Communauté Israélite de Thessalonique, Salonicco 1973. ↩︎
-
Henri Monneray, La persécution des Juifs en France e dans les autres pays de l’Ouest, présentée par la France à Nuremberg, Editions du Centre [CDJC], Parigi 1947; Id., La persécution des Juifs dans les pays de l’Est, présentée par la France à Nuremberg, Editions du Centre [CDJC], Parigi 1949. ↩︎
-
Joseph Billig, Le Commissariat Général aux Questions Juives (1941–1944), 3 voll., Editions du Centre [CDJC], Parigi 1955–1960. ↩︎
-
Maria Eisenstein, L’internata numero 6. Donne fra i reticolati del campo di concentramento, De Luigi, Roma 1944; Alberto Cavaliere, I campi della morte in Germania nel racconto di una sopravvissuta, Sonzogno, Milano 1945; Silvia Lombroso, Si può stampare. Pagine vissute 1938–1945, Dalmatia, Roma 1945; Frida Misul, Fra gli artigli del mostro nazista. La più romanzesca delle realtà, il più realistico dei romanzi, Belforte, Livorno 1946; Luciano Morpurgo, Caccia all’uomo! Vita, sofferenze e beffe. Pagine di diario 1938–1944, Dalmatia, Roma 1946; Luciana Nissim, Ricordi della casa dei morti, in Id., Pelagia Lewiska, Donne contro il mostro, Ramella, Torino 1946, pp. 17–58; Giuliana Tedeschi, Questo povero corpo, EDIT, Milano 1946; Alba Valech Capozzi, A.24029, Soc. An. Poligrafica, Siena 1946; Primo Levi, Se questo è un uomo, De Silva, Torino 1947; Liana Millu, Il fumo di Birkenau, Prora, Milano 1947. Cfr. Michele Sarfatti, Bibliografia per lo studio delle persecuzioni antiebraiche in Italia 1938–1945, in Id. (a cura di) 1938 Le leggi contro gli ebrei, fascicolo speciale de “La rassegna mensile di Israel”, vol. LIV, n. 1–2, gennaio–agosto 1988, pp. 472–475; Anna Bravo, Daniele Jalla (a cura di), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall’Italia 1944–1993, Franco Angeli, Milano 1994. ↩︎
-
Giacomo Debenedetti, 16 ottobre 1943, OET, Roma 1945 (già pubblicato in “Mercurio”, a. I, n. 4, dicembre 1944, pp. 75–97); Giancarlo Ottani, Un popolo piange. La tragedia degli ebrei italiani, Giovene, Milano 1945; Eucardio Momigliano, 40.000 fuori legge, in 40.000 fuori legge (Documenti, n. 2), Carboni, Roma 1945, pp. 1–24; poi ripubblicato come: Storia tragica e grottesca del razzismo fascista, Mondadori, Milano 1946. ↩︎
-
Cecil Roth, The History of the Jews of Italy, Jewish Publication Society of America, Philadelphia 1946. ↩︎
-
Id., Gino Luzzatto and Jewish History, in “Nuova rivista storica”, a. XLIX, n. 1–2, gennaio–aprile 1965, pp. 166–169. ↩︎
-
Massimo Adolfo Vitale, La persécution des Juifs en Italie (1938–1945), in Les Juifs en Europe (1943–1945). Rapports présentés à la Première Conférence Européenne des Commissions Historiques et des Centres de Documentations Juifs, Editions du Centre [CDJC], Parigi 1949, pp. 43–46. Una versione leggermente ampliata in: Massimo Adolfo Vitale, Persecuzione e Resistenza degli ebrei in Italia (in yiddish), in “YIVO Bleter”, v. XXXVII, 1953, pp. 198–204; trad. inglese: The Destruction and Resistance of the Jews in Italy, in Yuri Suhl, _They Fought Back. __The Story of the Jewish Resistance in Nazi Europe_, Crown, New York 1967, pp. 298–303; trad. italiana: _Persecuzione e Resistenza degli ebrei in Italia_, in Yuri Suhl, _Ed essi si ribellarono. Storia della resistenza ebraica contro il nazismo_, Mursia, Milano 1969, pp. 323–328. ↩︎
-
Massimo Adolfo Vitale, Les persécutions contre les juifs en Italie 1938–1945, dattiloscritto di 18 pp., datato 16 novembre 1947, conservato in Archivio storico della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea [d’ora in poi ACDEC], Fondo Massimo Adolfo Vitale, b. 3, fasc. Conferenze, relazioni, interventi del col. M. A. Vitale sulle persecuzioni contro gli ebrei sotto il nazifascismo, sfasc. Bozze di un sommario e prime indicazioni di M. A. Vitale per la compilazione di una storia sulle persecuzioni contro gli ebrei in Italia dal 1938 al 1945; cfr. Guri Schwarz, Ritrovare sé stessi. Gli ebrei nell’Italia postfascista, Laterza, Roma-Bari 2004, pp. 158–160. Cfr. anche Roberto Bassi, Ricordo di Massimo Adolfo Vitale. Dal Comitato Ricerche Deportati Ebrei al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, in “La rassegna mensile di Israel”, vol. XLV, n. 1–3, gennaio–marzo 1979, p. 13. ↩︎
-
Vedi infra nota 20. ↩︎
-
Vedi infra nota 46. ↩︎
-
Vedi più avanti nel testo. Vedi inoltre Renzo De Felice, Storia degli ebrei, 1ª ed. cit., p. XXXVIII: “Indicazioni e documenti abbiamo inoltre avuto dal presidente del Centro di documentazione ebraica contemporanea, colonnello Massimo Adolfo Vitale”; Renzo De Felice, Storia degli ebrei, 3ª ed. cit., p. XXXVI: “Un ricordo particolarmente riconoscente vogliamo rivolgere infine alla memoria dell’amico colonnello Massimo Adolfo Vitale del cui preziosissimo aiuto ci siamo avvalsi per la revisione e l’aggiornamento di questa nuova edizione da lui tanto attesa e che purtroppo non ha potuto vedere”; in entrambe le edizioni, il nome di Vitale ricorre nel testo una volta sola, a proposito di un suo libro sull’esercito italiano in Africa. ↩︎
-
Gerald Reitlinger, La soluzione finale cit., p. 15 (dalla Premessa): “Non meno vivamente ringrazio il dott. Massimo Adolfo Vitale, presidente del Comitato Ricerche Deportati Ebrei, di Roma, che per questa prima edizione italiana ha riveduto e aggiornato, sulla scorta della più recente documentazione in suo possesso e della sua conoscenza diretta di fatti e persone, le parti riguardanti l’Italia e i territori occupati dall’Italia durante la guerra”, e p. 440: “Le Note che si riferiscono al paragrafo sull’Italia […] non sono, per la maggior parte, comprese nell’edizione originale inglese, in quanto sono state integrate o compilate dal prof. Massimo Adolfo Vitale”. ↩︎
-
Hizkia M. Franco, Les Martyrs Juifs de Rhodes et de Cos, Congrégation Israélite du Katanga, Elisabethville 1952. ↩︎
-
Antonio Spinosa, Le persecuzioni razziali in Italia, in “Il ponte”, a. VIII, n. 7, luglio 1952, pp. 964–978; n. 8, agosto 1952, pp. 1078–1096; n. 11, novembre 1952, pp. 1604–1622; a. IX, n. 7, luglio 1953, pp. 950–968 (cfr. anche a. VIII, n. 12, dicembre 1952, pp. 1867–1868; a. IX, n. 3, marzo 1953, pp. 409–411); poi raccolti (ad esclusione degli interventi di rettifica) in Mussolini razzista riluttante, Bonacci, Roma 1994. Per il rapporto con Vitale, cfr. Guri Schwarz, Ritrovare sé stessi cit., pp. 161–162; nel testo di Spinosa il nome di Vitale ricorre una sola volta: “[…] lo dimostrano alcuni irrefutabili documenti che fino a oggi non hanno avuto pubblicità, raccolti dal colonnello Vitale, presidente del Comitato Ricerche Deportati presso l’Unione delle Comunità israelitiche” (Antonio Spinosa, Le persecuzioni razziali cit., II?, p. 1086; Id., Mussolini razzista cit., p. 49). ↩︎
-
Guri Schwarz, Ritrovare sé stessi cit., pp. 161–163. ↩︎
-
Cfr. Giampiero Mughini, A via della Mercede c’era un razzista, Rizzoli, Milano 1991, p. 239, nota 23. ↩︎
-
Verax, Italiani ed ebrei in Jugoslavia, in “Politica Estera”, a. I, n. 9, ottobre 1944, pp. 21–29. L’autore in apertura precisava: “Nei territori occupati si svelò in piena luce la assurdità di un’alleanza che stringeva, come un cappio scorsoio, un popolo rimasto malgrado tutto civile a un altro popolo rimbarbarito da una filosofia politica che lo risospingeva verso le selve donde era uscito con l’era cristiana” (pag. 21, corsivi miei). Il primo studioso a identificare Verax in Roberto Ducci fu forse Daniel Carpi, The Rescue of Jews in the Italian Zone of Occupied Croatia, in Yisrael Gutman, Efraim Zuroff, Rescue Attempts During the Holocaust. Proceedings of the Second Yad Vashem International Historical Conference, April 1974, Yad Vashem, Gerusalemme 1977, p. 466. ↩︎
-
Relazione sull’opera svolta dal Ministero degli Affari Esteri per la tutela delle comunità ebraiche (1938–1943), s.e. [ma Ministero degli Affari Esteri], s.l. [ma Roma] s.d. [ma 1946]. Lo scritto era imperniato sulla seguente interpretazione: il ministero “ritenne tuttavia suo dovere ostacolare come poté nell’ambito della propria competenza l’applicazione di tali leggi e di tali direttive [antiebraiche del governo fascista]. […] Il suo scopo era duplice: quello di proteggere la situazione degli ebrei stranieri in Italia e quello di proteggere la situazione degli ebrei italiani all’estero. […] In quest’opera il Ministero trovò comprensione ed appoggio in varie Amministrazioni dello Stato sì che si può onestamente affermare che l’Amministrazione pubblica nel suo complesso fece quanto era possibile per attenuare le disposizioni legislative e per ostacolare l’applicazione della politica razziale nel campo che forma oggetto della presente relazione” (pag. 1, corsivi miei). Per la data cfr. Guri Schwarz, Ritrovare sé stessi cit., pp. 139; Jonathan Steinberg, All or nothing. The Axis and the Holocaust 1941–1943, Routledge, Londra e New York 1990, p. 249 (trad. italiana: _Tutto o niente. __L’Asse e gli Ebrei nei territori occupati 1941–1943_, Mursia, Milano 1997, p. 276). ↩︎
-
Relazione sull’opera svolta dal Ministero degli Affari Esteri cit., documenti riportati a pp. 77–80, 85. ↩︎
-
Leon Poliakov, La condition des Juifs en France sous l’occupation italienne, Editions du Centre [CDJC], Parigi 1946. ↩︎
-
Jacques Sabille, L’attitude des Italiens envers les Juifs persécutés en Croatie, in “Le monde juif”, a.VI, n. 46–47, agosto–settembre 1951, pp. 5–8, e n. 48, ottobre 1951, pp. 6–10; Id., L’attitude des Italiens à l’égard des Juifs en Grèce occupée, in “Le monde juif”, a.VI, n. 49, novembre 1951, pp. 7–10; poi raccolti e riprodotti in Serge Klarsfeld (a cura di), Mémoire du Génocide. Un recueil de 80 articles du “Monde Juif”, revue du Centre de Documentation Juive Contemporaine, directeur et rédacteur en chef: Georges Wellers, Centre de Documentation Juive Contemporaine e Association “Les Fils et Filles des Déportés Juifs de France”, Parigi 1987, pp. 120–132. ↩︎
-
Leon Poliakov, Jacques Sabille, Ebrei sotto l’occupazione italiana (in yiddish), Centre de Documentation Juive Contemporaine, Parigi 1952; trad. inglese: Jews under the Italian Occupation, Editions du Centre [CDJC], Parigi 1955; trad. italiana: Gli ebrei sotto l’occupazione italiana, Comunità, Milano 1956. L’impostazione di Poliakov può essere desunta da alcune sue considerazioni di ordine generale: “On peut dire que c’est le peuple italien qui fut le principal inspirateur de l’attitude de fait adoptée par les autoritàs italiennes. Il semble bien que le poison de la propagande raciale n’infecte à plein que des populations plus barbares, ne se répande plus facilement que parmi les brumes du Nord. Dans sa lucidité méditerranéenne, le peuple italien a été, dans l’immense majorité des cas, totalement réfractaire à ces effluves. C’est avec ironie ou avec indignation qu’il réagissait à la propagande du ‘Tevere’ et de la ‘Difesa della Razza’. Et c’était cet état d’esprit qui conditionnait l’attitude des autoritàs militaires et civiles et le comportement des fonctionnaires à tous les échelons de la hiérarchie administrative” (1946, p. 18, corsivi miei); “Possiamo quindi affermare che il popolo italiano fu il principale responsabile dell’atteggiamento adottato dal suo Governo. Sembra che il contagio della propaganda razzista che attecchisce con maggiore probabilità presso i popoli barbari, trovi un terreno ideale nei climi nordici. Il popolo italiano, con la sua saggezza mediterranea, fu in gran parte assolutamente ostile a queste tendenze. La sua reazione alla propaganda del ‘Tevere’ e della ‘Difesa della razza’ fu il disprezzo o la protesta. Questo perché l’atteggiamento italiano, malgrado le analogie apparenti o formali, era in realtà all’opposto di quello tedesco. E fu in questo clima di opinioni che si mossero le autorità civili e militari italiane e tutti i gradi della macchina amministrativa” (1956, p. 5, corsivi miei). ↩︎
-
Oltre alle iniziative descritte nel testo, va almeno menzionato un breve studio collocato nell’ambito dell’importante ciclo di conferenze su fascismo e antifascismo tenuto a Milano nel primo semestre del 1961: Achille Ottolenghi, La legislazione antisemita in Italia, in Fascismo e antifascismo (1918–1936). Lezioni e testimonianze, vol. 1, Feltrinelli, Milano 1962, pp. 202–209. ↩︎
-
Meir Michaelis, The Attitude of the Fascist Regime to the Jews in Italy. Part One: up to the Enactment of the Racial Laws (1938), in “Yad Washem Studies”, vol. IV, 1960, pp. 7–41; trad. italiana ampliata: I rapporti italo-tedeschi e il problema degli ebrei in Italia (1922–38), in “Rivista di studi politici internazionali”, vol. XXVIII, n. 2, aprile giugno 1961, pp. 238–282. ↩︎
-
Daniel Carpi, The Catholic Church and Italian Jewry Under the Fascists (To the Death of Pius XI), in “Yad Washem Studies”, vol. IV, 1960, pp. 43–56. ↩︎
-
Guri Schwarz, Ritrovare sé stessi cit., pp. 157 sgg. ↩︎
-
ACDEC, Archivio interno, b. Corrispondenza 1955–1960, fasc. Dalla cartella in prespan rosso, Massimo Adolfo Vitale a Roberto Bassi, 30 aprile 1960. ↩︎
-
Archivio Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Fondo Unione delle Comunità Israelitiche Italiane [d’ora in poi AUCEI-Fondo UCII], Serie post 1945, b. 74E, fasc. Centro Documentazione. Storia persecuzioni. Riunione a Venezia e incarico dr. De Felice, presidente Ucii Sergio Piperno a consiglieri Ucii, 7 aprile 1960 (copia). ↩︎
-
Ivi, presidente Ucii Sergio Piperno a Renzo De Felice, 21 aprile 1960 (velina). ↩︎
-
Ivi, Libro verbali Consiglio 24 luglio 1955 — 5 febbraio 1961, seduta del 25 aprile 1960, p. 168. ↩︎
-
Ivi, b. 74E, fasc. Storia Persecuzioni. Opera dr. De Felice, contratto recante la data 29 aprile 1960; altra copia (senza la firma di De Felice) in Archivio centrale dello Stato, Carte Renzo De Felice [d’ora in poi Acs-Carte De Felice], b. 4, fasc. 14. ↩︎
-
Archivio di Stato di Torino, Carte Giulio Einaudi editore [d’ora in poi ASTo-Carte Einaudi], Serie corrispondenti, b. 62, fasc. De Felice Renzo 19 novembre 1952 — 25 agosto 1965, Renzo De Felice a “gentile dottore”, 13 novembre 1960. ↩︎
-
Il contratto è conservato nei fascicoli dell’AUCEI-Fondo UCII, dell’ACS-Carte De Felice e dell’ASTo-Carte Einaudi indicati nelle due note precedenti. ↩︎
-
ASTo-Carte Einaudi, Serie corrispondenti, b. 62, fasc. De Felice Renzo 19 novembre 1952 — 25 agosto 1965, Renzo De Felice a Giulio Bollati, 3 novembre 1961. ↩︎
-
AUCEI-Fondo UCII, Libro verbali Consiglio 24 luglio 1955 — 5 febbraio 1961, seduta del 25 aprile 1960, p. 168. ↩︎
-
Cfr. Roberto Bassi, Ricordo di Massimo Adolfo Vitale cit.; Guri Schwarz, Ritrovare sé stessi cit., pp. 95–96, 163 sgg. ↩︎
-
Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, Quaderni della Federazione giovanile ebraica d’Italia, Torino 1961 [aprile] (poi: Forni, Bologna 1981). Nel 1962 e 1963 il Cdec pubblicò in proprio nome i successivi quaderni: Guido Valabrega (a cura di), Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, n. 2, Quaderni del Centro di documentazione ebraica contemporanea, Milano 1962; Guido Valabrega (a cura di), Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, n. 3, Quaderni del Centro di documentazione ebraica contemporanea, Milano 1963. ↩︎
-
Gino Luzzatto, Gli ebrei in Italia dalla marcia su Roma alle leggi razziali. Appunti sulla loro situazione economica, sociale e politica, in Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, Quaderni della Federazione giovanile ebraica d’Italia, cit., pp. 8–13; Amos Luzzatto, La comunità in Italia durante il fascismo, ivi, pp. 14–20; Guido Valabrega, Prime notizie su “La nostra Bandiera” (1934–1938), ivi, pp. 21–33; Israel Kalk, I campi di concentramento italiani per ebrei profughi: Ferramonti Tarsia (Cosenza), ivi, pp. 63–71; Appendice — Alcuni esempi di legislazione razziale fascista, ivi, pp. 102–123. ↩︎
-
Cfr. Tre giornate di studio, in “Ha-Tikwà”, a. V, n. 3, marzo 1961, p. 1; Guido Neppi Modona, Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, in “Ha-Tikwà”, a. V, n. 4, aprile 1961, pp. 1, 6. ↩︎
-
Il testo riveduto di Salvatore Jona fu pubblicato, col titolo _ allo studio degli ebrei in Italia durante il fascismo_, in Guido Valabrega (a cura di), Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, n. 2, cit., pp. 7–31. In due occasioni Jona rimanda alla “pregevole relazione del col. Massimo Adolfo Vitale, conservata nel Centro Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano” (p. 20; cfr. anche p. 23). ↩︎
-
Guido Neppi Modona, Gli Ebrei in Italia cit. ↩︎
-
Carlo Leopoldo Ottino, relazione Cenni sull’esperienza sionista e antifascista di Enzo Sereni, pubblicata, in forma riveduta, in Guido Valabrega (a cura di), Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, n. 2, cit., pp. 67–85. ↩︎
-
Sandro Sarti, relazione_ Una rivista protestante italiana e il suo atteggiamento nei riguardi del problema razziale. Note tratte dalla rivista “Gioventù Cristiana” (1933–1943)_, pubblicata, in forma apparentemente non riveduta, col titolo_ Il mondo protestante e la questione razziale: note sulla rivista “Gioventù Cristiana” (1933–1940)_, in Guido Valabrega (a cura di), Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, n. 2, cit., pp. 86–91. ↩︎
-
Guido Lodovico Luzzatto, relazione_ La partecipazione ebraica alla lotta antifascista in Italia e all’estero dal 1918 al 1938_, pubblicata, in forma apparentemente non riveduta, col titolo Partecipazione all’antifascismo in Italia e all’estero dal 1918 al 1938, in Guido Valabrega (a cura di), Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, n. 2, cit., pp. 32–44. ↩︎
-
Guido Valabrega, relazione Cenni sulla Nostra Bandiera, giornale ebraico fascista edito a Torino negli anni 1934–1938, con ogni evidenza tratta da Id., Prime notizie su “La nostra Bandiera” cit. ↩︎
-
Comunicandogli l’autorizzazione alla consultazione dei “fondi archivistici relativi alla legislazione razziale”, concessa alla fine di giugno 1960, il soprintendente dell’Archivio centrale dello Stato informò De Felice che anche un altro studioso, che non nominava, era stato autorizzato a consultare le “carte riguardanti la legislazione predetta”; AUCEI-Fondo UCII, Serie post 1945, b. 74E, fasc. Storia Persecuzioni. Opera dr. De Felice, soprintendente Acs a Renzo De Felice, 25 luglio 1961. Questo studioso è di difficile individuazione; anche perché — per i primi anni Sessanta — non risultano altre pubblicazioni basate su quei fondi archivistici (cfr. Sandro Carocci, Liberiana Pavone, Nora Santarelli, Mauro Tosti Croce (a cura di), Bibliografia dell’Archivio centrale dello Stato (1953–1978), Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Roma 1986). Vi è la possibilità — al momento incerta e priva di riscontri — che si trattasse di Salvatore Jona, il quale l’anno successivo affidò a Guido Valabrega una “recente lettera dell’Archivio centrale dello Stato che mi autorizza all’esame delle circolari ministeriali relative alla questione razziale” (ACDEC, Archivio interno, b. Corrispondenza 1960–1961, Salvatore Jona a Guido Valabrega, 3 maggio 1961; corsivo mio); comunque il segretario del Cdec, rientrato da Roma, lo informò di aver potuto consultare “solamente una busta di circolari dal 1938 al 1943. […] Secondo il Dott. Casucci all’archivio di stato esiste molto altro materiale, ma la Sua autorizzazione non dava adito a prenderne visione”. (ivi, Guido Valabrega a Salvatore Jona, 27 giugno 1961). ↩︎
-
ACDEC, Fondo Massimo Adolfo Vitale, b. 3, fasc. Conferenze, relazioni,interventi del col. M. A. Vitale sulle persecuzioni contro gli ebrei sotto il nazifascismo, sfasc. Bozze di un sommario e prime indicazioni di M. A. Vitale per la compilazione di una storia sulle persecuzioni contro gli ebrei in Italia dal 1938 al 1945, Massimo Adolfo Vitale, Sommario degli argomenti da svolgere per la storia delle persecuzioni nazi-fasciste contro gli ebrei in Italia 1937/1945. Approvato dal Consiglio della Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, con annotazione manoscritta “1956”. Cfr. Guri Schwarz, Ritrovare sé stessi cit., pp. 161–164. ↩︎
-
Daniel Carpi, Jews under Italian Fascism, in “The Jewish Journal of Sociology”, june 1963, p. 146 (la formula “meno di trenta pagine” sembra rimandare allo specifico paragrafo dedicato agli arresti, al soccorso e alla Resistenza). ↩︎
-
Corrado Vivanti, recensione a Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, in “Studi storici”, a. III, n. 4, ottobre–dicembre 1962, p. 896. ↩︎
-
Come nota 37. ↩︎
-
Come nota 33. ↩︎
-
ACDEC, Archivio interno, b. Corrispondenza 1960–1961, Renzo De Felice a Guido Valabrega, 21 dicembre 1960. ↩︎
-
Come nota 33. ↩︎
-
Vedi supra nota 52. ↩︎
-
Cfr. ACS, Schedario degli studiosi e delle ricerche, ad nomen. ↩︎
-
Cfr. Sandro Carocci, Liberiana Pavone, Nora Santarelli, Mauro Tosti Croce (a cura di), Bibliografia dell’Archivio centrale dello Stato (1953–1978) cit. ↩︎
-
Cecil Roth, The History of the Jews cit., p. 524 ↩︎
-
Leo Valiani, Persecuzioni. Gli antisemiti in ritardo, in “L’espresso”, 18 febbraio 1962. ↩︎
-
Cfr. Michele Sarfatti, Razzisti per ordine superiore, in “Diario della settimana”, 26 gennaio 2001, pp. 78–81. ↩︎
-
De Felice peraltro aveva rinvenuto (nella documentazione della Presidenza del consiglio) l’ordine di arresto della Repubblica sociale (ossia: “le istruzioni del governo”), e lo aveva riportato in nota (Renzo De Felice, Storia degli ebrei, 1ª ed. cit., p. 503). ↩︎
-
Vedi supra nota 26. ↩︎
-
Vedi supra nota 28. ↩︎
-
Come nota 34. ↩︎
-
Come nota 35. ↩︎
-
AUCEI-Fondo UCII, Serie post 1945, b. 74E, fasc. Centro Documentazione. Storia persecuzioni. Riunione a Venezia e incarico dr. De Felice, Massimo Adolfo Vitale, Nota per la Unione delle CC. II. II., 2settembre 1960. ↩︎
-
Trascrizione di un messaggio di Renzo De Felice, contenuta nella Nota di Massimo Adolfo Vitale citata alla nota precedente. ↩︎
-
ASTo-Carte Einaudi, Serie corrispondenti, b. 62, fasc. De Felice Renzo 19 novembre 1952 — 25 agosto 1965, Renzo De Felice a Giulio Einaudi editore, 8 giugno 1961. ↩︎